Lunedì 25 Novembre 2024

Le collezioni lombarde di Botticelli in mostra a Milano

MILANO. Lecito chiedersi se in otto “mosse”, ovvero in altrettante prove d’artista, si possa rivelare al grande pubblico il genio di Sandro Botticelli. Uscendo dal museo Boldi Pezzoli di Milano, dov’è stata appena inaugurata la mostra “Botticelli nelle collezioni lombarde” aperta fino al 28 febbraio, la risposta è decisamente “sì”.
A cinque secoli dalla morte, Milano rende omaggio all’ultimo tra i grandi artisti del Quattrocento italiano in modo certamente più originale (e rischioso!) rispetto a Firenze e Francoforte, dove il  museo Städel dedica una monografica di ben quaranta dipinti e disegni del maestro e della sua bottega. Il “rischio” è che una piccola mostra possa essere snobbata. Eppure, può risultare paradossalmente più facile scoprire Botticelli, o un altro gigante della storia dell’arte, concentrandosi su pochi “pezzi” e riuscendo quindi a fermarsi davvero dinanzi a un’opera. Se poi in esposizione vi sono capolavori come la dolcissima “Madonna del Libro” o il cupo “Compianto del Cristo morto”, o ancora l’enigmatico “Cristo dolente in atto di benedire”, è davvero bello perdersi nelle sale “a tutto nero” del Boldi Pezzoli.
L’impresa del museo milanese, peraltro, ha il merito di avere attirato in tempi di magra le attenzioni di un mecenate privato – Marta Marzotto – sulla sorte della “Madonna del Libro”: il restauro ha, infatti, consentito il recupero della tela alla sua originale bellezza e la scoperta dell’uso dei lapislazzuli da parte di Botticelli per rendere particolarmente luminoso, autenticamente “celestiale”, il blu del manto della Vergine. Il quadro, inoltre, è stato ulteriormente impreziosito – come sottolinea Alessandro Cecchi nel catalogo della mostra – dall’intervento di un altro gigante dell’arte italiana, Filippino Lippi, che aggiunse alcuni dettagli all’opera.
Dalla “Madonna del Libro” al “Compianto”, in cui Botticelli ritrae la Madre come fosse un cadavere perché Lei è morta interiormente al compiersi della tragedia del Figlio ora deposto dalla croce e ai suoi piedi, si realizza un percorso che mostra il fiorentino nella sua evoluzione umana e intellettuale. Incantato e incantevole neoplatonico, innanzitutto. Ma anche disperatamente “sofistico”, alla fine.

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