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Il procuratore De Lucia rilancia l’allarme: «Disarmati contro i corrotti»

A un dibattito su antimafia e fascismo: «Cosa nostra la combattiamo ma sui reati contro la pubblica amministrazione non abbiamo più strumenti adeguati»

Mafia e fascismo, repressione e stato di diritto: finché si parla di argomenti che hanno un sapore prettamente storico, il confronto è serrato ma non si accende.

Quando però - su domanda del professore Costantino Visconti - si parla di corruzione come fenomeno duro a morire più di Cosa nostra, il procuratore Maurizio de Lucia lancia l’affondo: «I reati di pubblica amministrazione non siamo in grado già oggi di contrastarli adeguatamente - dice, ribadendo quanto detto in un’intervista al nostro giornale -. Tra il carico di lavoro dei Gip, il codice rosso che va trattato con immediatezza e ha la precedenza, le nuove previsioni procedurali dell’interrogatorio che deve precedere l’eventuale applicazione di misure cautelari... per non parlare dei 45 giorni per le intercettazioni, che rappresentano un altro ostacolo».

La discussione si incentra sull’antimafia di ieri e di oggi, partendo dal volume scritto a più mani ma curato da Visconti e Antonino Blando, Storia e diritto - il contrasto alla mafia siciliana dal secondo Ottocento a oggi. I singoli capitoli sono opera, oltre che dei due curatori, di Andrea Merlo, Paola Maggio, Veronica Virga, Manoela Patti e Eliseo Davì, l’editore è Franco Angeli e la prefazione è di Giovanni Fiandaca, che si confronta con de Lucia per un paio d’ore al Dems di Scienze politiche, diretto da Visconti.

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