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Il piano che cambia la sanità nell'Isola

Tra le nuove direttive lo stop a reparti doppioni fra ospedali vicini, aumento delle aree di emergenza e nuovi pronto soccorso nelle cliniche private.

Una corsia dell'Ospedale Molinette, Torino, 23 novembre 2018. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

Il piano prevede di cancellare reparti doppioni fra ospedali vicini, trasformare alcuni piccoli presidi, aumentare le aree di emergenza e creare i pronto soccorso nelle cliniche private.
Sulla base di queste direttive dettate dall’assessorato alla Sanità i manager di Asp e ospedali stanno riscrivendo la mappa della rete ospedaliera. Il 15, 16 e 17 ottobre il dirigente generale della Pianificazione Strategica, Salvatore Iacolino, incontrerà nell’ordine i manager delle Asp di Messina, Catania e Palermo. La settimana successiva toccherà a tutti gli altri.
La nuova mappa di reparti e posti letto, secondo un dettato nazionale, va completata entro fine anno. Dal confronto fra manager e dirigenti dell’assessorato verrà fuori la fotografia dei reparti da chiudere e delle strutture da attivare. Poi toccherà al governo la fase di concertazione con sindacati e sindaci. Infine ci sarà l’esame in commissione Sanità all’Ars. All’inizio del nuovo anno tutto dovrebbe essere già in fase di realizzazione. Secondo un principio guida: i piccoli ospedali non chiuderanno ma verranno trasformati mentre sono più a rischio i reparti che già oggi zoppicano per carenza di personale.

In linea generale non ci sarà un taglio dei posti letto. Ciò perché rispetto alla precedente programmazione, quella del 2019, una gran parte è rimasta inattivata: nel dettaglio, 1.009 per acuti e 1.166 per lungodegenza e riabilitazione (dunque 2.175 in totale). Ma la manovra allo studio è comunque ampia e cambierà radicalmente il volto della sanità pubblica e di quella privata. Le direttive su cui i manager lavorano prevedono che non potranno restare aperti due reparti simili in ospedali vicini, tanto più se ci sono vuoti d’organico nell’area medica. La prospettiva indicata dalla Regione è quella di trasformare il reparto destinato a chiudere in una specialità di cui c’è più esigenza spostando contemporaneamente il personale nelle aree rimaste attive. E ancora il piano prevede di rimodulare le attività dei presidi ospedalieri di base. Significa che negli ospedali minori, di livello provinciale, «con vocazione chirurgica o medica» rimarranno solo i servizi essenziali: per lo più radiologia, laboratorio, anestesia e rianimazione. Altre piccole strutture potranno essere trasformate in «ospedali di giorno in cui fare confluire la piccola chirurgia ambulatoriale». Per esempio, quella urologica, per la cataratta, la chirurgia generale minore. Questo è il futuro di alcuni presidi minori.

Parallelamente crescerà l’apporto dei privati in regime di convenzione. Nelle direttive si propone di «attivare aree di pronto soccorso polispecialistico o monospecialistico all’interno delle strutture private per supportare il servizio pubblico ed evitare sovraffollamenti nei pronto soccorso esistenti». E più avanti c’è un riferimento pure alle cure di lungodegenza affidate ai privati: «Rimodulare la gestione delle cronicità attraverso il concreto potenziamento delle cure domiciliari, delle Residenze sanitarie assistite (i privati, appunto), con la piena fruizione di tutti i posti letto di riabilitazione già presenti nell’attuale rete». Questo ha chiesto l’assessorato ai manager: in sintesi, vanno sfruttati quei 1.166 posti letto rimasti sulla carta e affidati per lo più alle Rsa private.

Se quindi dal punto di vista del numero di posti letto l’operazione sarà a saldi invariati, la fotografia degli ospedali e la geografia dei reparti cambierà in modo significativo. E la cosa agita perfino la maggioranza. Fratelli d’Italia, con Pino Galluzzo, ha chiesto che delle stesse linee guida si parli subito in commissione Sanità all’Ars. Teme, Galluzzo, per la sorte di alcuni ospedali e reparti: «Si sta prendendo una direzione sbagliata. Sarebbero affidati ai privati centinaia di posti letto per acuti sottraendoli di fatto alla sanità pubblica. Bisognerebbe chiarire, ad esempio, la situazione delle cardiochirurgie degli ospedali Sant'Elia di Caltanissetta, Cannizzaro e Garibaldi di Catania e della chirurgia plastica del Nisseno. Così come dovrà essere fatta la massima chiarezza sui posti letto degli ospedali di Sant'Agata di Militello, Barcellona e Patti». Questi ultimi, già finiti nell’occhio del ciclone la scorsa estate per casi di presunta malasanità sono «osservati speciali» nel piano allo studio. Un piano che preoccupa anche la Fp Cgil. Gaetano Agliozzo e Monica Genovese chiedono un immediato confronto con i sindacati e auspicano che la rimodulazione della rete viaggi insieme a «un piano straordinario di assunzioni in grado di contribuire al miglioramento delle condizioni di lavoro».

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