Dalla musica alla violenza, le due vite di Moussa Sangare: l’assassino di Sharon avrebbe anche dato fuoco alla sua casa
In paese a Suisio, nella Bergamasca, lo conoscevano tutti. Moussa Sangare, il trentunenne fermato per avere ucciso Sharon Verzeni, è stato visto al bar della piazza principale fino a pochi giorni fa. «Era normale, come al solito», racconta Andrea, che lo incontrava in giro da sempre. «Ci siamo salutati con un cenno della mano, tutto qui». Eppure, chiunque abbia frequentato il ragazzo concorda nel dire che per lui c’è stato un prima e un dopo il viaggio in Inghilterra. Una piccola parentesi di vita all’estero, dove pare lavorasse come lavapiatti, dalla quale sarebbe tornato completamente cambiato. Nato a Milano da genitori originari del Mali, prima della sua partenza dall’Italia viene descritto da tutti come un «bravo ragazzo» e con un «grande talento» per la musica, tanto che aveva collaborato con artisti del calibro di Izi ed Ernia. Al video del brano «Scusa» di Izi, uscito nel 2016 e con 14 milioni di visualizzazioni su Youtube, aveva partecipato anche lui (nella foto) con il nome d’arte di Moses Sangare. «Aveva una carriera davanti - spiegano nel piccolo comune in cui è cresciuto -, voleva anche partecipare al programma X Factor». Di com’era in quel periodo si ricorda anche il titolare della pizzeria Le Piramidi, per la quale Sangare aveva lavorato per alcuni anni. «Parliamo di una decina di anni fa, lui consegnava le pizze - dice Ayman Shokr -. Era un bravo ragazzo, un ragazzo normale. Poi è andato a lavorare in Inghilterra». Leonardo, che abita nella stessa palazzina in cui il trentunenne era rimasto a vivere con la mamma e la sorella dopo la morte del padre per malattia, racconta che al ritorno era un’altra persona. «L’ho visto cambiare in quel momento. Adesso era completamente “bruciato”. Lo vedevo consumare droga qua nella via, in piazza, ovunque. Con la famiglia non aveva buoni rapporti, li sentivo litigare tanto, anche alle tre o alle quattro di notte». Al punto che, qualche mese fa, avrebbe anche «dato fuoco alla casa». Le continue liti avrebbero portato la madre e la sorella a «buttarlo fuori» dalla loro abitazione al primo piano, e lui a quel punto avrebbe «occupato la casa al piano terra», nella quale entrava «dalla finestra». Sangare era stato quindi denunciato per maltrattamenti dalla sorella e dalla madre, quest’ultima peraltro affetta da gravi problemi di salute. Tra gli episodi peggiori, ce ne sarebbe infatti uno di cui racconta un’altra vicina, nel quale sarebbero anche intervenute le forze dell’ordine perché il ragazzo «aveva picchiato la sorella». Con le lacrime agli occhi, spiega che la notizia della sua confessione per l’omicidio di Sharon è stata «uno shock». «Io ho una bambina piccola - dice -, abbiamo paura». La bicicletta che avrebbe usato per darsi alla fuga lungo via Castegnate a Terno d’Isola, dopo aver colpito la barista di 33 anni, a lui sconosciuta, con quattro fendenti, non sarebbe stata vista da nessuno dei vicini di casa. A quanto emerso dalle indagini, infatti, quella sera Moussa sarebbe uscito di casa con quattro coltelli e avrebbe raggiunto il paese vicino, che lui frequentava spesso. Il difensore di Sangare, l’avvocato Giacomo Maj, ipotizza una «problematica psichiatrica» anche se, aggiunge «è un discorso prematuro e sarà un tema da approfondire con consulenze ed un’eventuale richiesta di perizia». In merito alla presunta assunzione di droghe, invece, l’avvocato ha detto che «il suo gesto non dovrebbe essere dovuto a queste cose» e che nel corso dell’interrogatorio lui non ne avrebbe parlato. Sangare ha continuato a ribadire che è stato «un gesto che nemmeno lui si spiega, una cosa senza senso». Il Moussa che amava la musica e che aveva talento «si è bruciato», ripetono in paese. Ed è diventato un assassino.