La siccità in Sicilia è così grave che l’Autorità di bacino della Regione ha messo all’ordine del giorno «la ripresa dei prelievi idrici da pozzi contaminati da nitrati, previa la depurazione delle acque prima del loro utilizzo. Ciò potrà interessare soprattutto le zone turistiche, dove sono attesi oltre 10 milioni di ospiti nel periodo di alta stagione». Lo rende noto in un comunicato l’Anbi, l’associazione nazionale dei consorzi di bacino. Anche se il segretario generale dell’Autorità di bacino, Leonardo Santoro, precisa che «la Regione non ha autorizzato la ripresa dei prelievi». Secondo quanto pubblicato dall’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia al 27 maggio, dei 288,95 milioni di metri cubi allora trattenuti dalle 29 dighe dell’Isola, l’acqua realmente disponibile nei bacini (dalla capacità già ridotta dall’incuria per la grande presenza di sedime sui fondali) era poco più della metà (154,23 milioni di metri cubi), dovendo sottrarre i volumi destinati alla sopravvivenza dell’ittiofauna, quelli di sicurezza dell’invaso e quelli destinati ad un’accelerata evaporazione. Nel dettaglio, in 11 dei 29 grandi serbatoi siciliani, il volume utilizzabile oscillava tra 0 ed 1 milione di metri cubi, mentre in altri cinque era tra 1 e 2 milioni. «È presumibile che l’acqua rimanente in oltre la metà dei bacini della Sicilia sia di fatto inutilizzabile», spiega Massimo Gargano, direttore generale di Anbi. Quanto alle falde, si sono pericolosamente abbassate. Alle pendici dell’Etna è stimabile in 20 metri. La falda di Fiumefreddo, da cui dipende l’approvvigionamento idrico del 70% della città di Messina, si è abbassata di almeno 15 metri, ed il livello si è pericolosamente avvicinato a quello sotto il quale non si può più prelevare. «Quanto si sta registrando in Sicilia, ma che progressivamente sta risalendo dal Meridione all’Italia centrale - scrive il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi -, ha caratteristiche peggiori delle scorse, grandi siccità del Nord». Lo stress idrico, in futuro, è destinato ad aumentare la pressione. Nel 2023, le temperature in crescita e gli effetti dell’azione dell’uomo hanno generato nuova pressione sulla risordsa idrica. Gli esperti – riporta la Community Valore Acqua - stimano che entro il 2030 lo stress idrico si intensificherà ulteriormente in alcune regioni italiane, con incrementi che vanno dal 5 all'8%». La situazione idrica in Italia -spiega Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House Ambrosetti - richiede un'azione immediata e concertata. È necessario un impegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti, dalle istituzioni ai cittadini per promuovere pratiche di gestione sostenibile dell'acqua e investire in tecnologie innovative che ci permettano di fronteggiare questa emergenza. È importante modernizzare e rendere più efficienti le nostre infrastrutture idriche, per ottimizzare la raccolta e lo stoccaggio dell'acqua, attivando il 20% dei volumi potenzialmente sfruttabili già presenti nelle grandi dighe italiane. Solo attraverso un approccio integrato e lungimirante, che deve essere portato avanti anche dai cittadini, potremo garantire la sicurezza idrica del nostro Paese e la prosperità delle future generazioni». Nella foto la mappa dell'Osservatorio europeo della siccità, in rosso la Sicilia e le altre zone maggiormente colpite