Mercoledì 18 Dicembre 2024

Chico Forti è arrivato a Verona, presto potrà riabbracciare la madre

Da Miami a Roma. Da Roma a Verona. Sempre dietro le sbarre, ma più vicino a casa. E con la prospettiva di rivedere dopo ben 16 anni la madre novantaseienne. Per Chico Forti, l’ergastolano trentino rientrato sabato in Italia dopo 24 anni di condanna scontati in Florida, gli ultimi giorni sono stati pieni di emozioni e di speranza. Il sessantacinquenne ha passato la sua prima notte del rientro in Patria nel carcere di Rebibbia, dopo essere stato accolto dalla premier Giorgia Meloni al suo arrivo all’aeroporto militare di Pratica di Mare. In mattinata, a bordo di un mezzo della polizia penitenziaria, è stato trasferito nel carcere di Verona. La sua prima richiesta, rivedere la madre: «È per lei che mi sono mantenuto così, spero di poterla visitare presto. Non vedo l’ora di riabbracciarla», ha detto. In un appello rivolto lo scorso anno alla premier, Maria Loner Forti ha ricordato l’ultima volta che aveva visto il figlio: «Andai a trovarlo in carcere in America per i miei 80 anni. Poi non ho più avuto la forza di muovermi. Avevo perso quasi tutte le speranze. Poi Chico, ogni volta che lo sentivo, mi esortava a resistere fino a quando non lo avessi ancora abbracciato. E così ho sempre fatto». Appena arrivato nell’istituto di pena scaligero, l’uomo ha compilato ed inoltrato agli uffici competenti la richiesta di avere un permesso urgente per raggiungere Trento e vedere l’anziana donna. La domanda per il permesso, che sarà di poche ore, deve essere vagliata ed accordata dal Tribunale di sorveglianza. Secondo il legale, Carlo Della Vedova, «non è possibile il diniego» della richiesta, visto che è «un diritto di tutti i detenuti». Una decisione potrebbe dunque essere imminente, tenendo anche conto che il trasferimento a Verona, inizialmente preventivato per lunedì, è stato invece anticipato di un giorno. I passi successivi, per Forti, punteranno ad ottenere la libertà condizionale. Un beneficio - non previsto con la sua condanna negli Usa, dove vige il «fine pena mai», «lifetime without» - che si può concedere «dopo 26 anni dall’applicazione dell’ergastolo e se il condannato ha dimostrato condotta irreprensibile». Allo scadere del 26/o anno - manca poco più di un anno - potrebbe così uscire dal carcere e cominciare il periodo di cinque anni di libertà vigilata al termine del quale, se non avrà commesso ulteriori reati, potrà ottenere la piena libertà. L’uomo potrà ricevere visite. Una delle prime quella di Andrea Di Giuseppe, unico parlamentare di Fratelli d’Italia eletto all’estero e «facilitatore» per il trasferimento del condannato in Italia. «In tutto il mondo - ha spiegato - ci sono oltre duemila italiani in prigione, la metà dei quali in regime di carcere preventivo. Farò di tutto per continuare il mio lavoro a garanzia di un giusto processo per chi non ne ha ancora avuto uno, per far liberare chi è innocente e far trasferire in Italia chi deve finire di scontare la sua pena, se le leggi internazionali lo permetteranno». E, come viene spesso in questi casi, non manca l’esposto del Codacons. L’associazione presenterà domani una denuncia alla magistratura contabile chiedendo di aprire un’indagine sulla spesa sostenuta dallo Stato italiano per il rientro del detenuto. «Al di là della scelta del tutto assurda della premier Meloni di accogliere Forti all’aeroporto di Pratica di mare - scrive il presidente Carlo Rienzi - appare indispensabile capire i motivi che hanno portato lo Stato a destinare ingenti risorse economiche per il rientro in Italia. Si apprende infatti che il ritorno dell’ex imprenditore da Miami sarebbe avvenuto con un Falcon 900 del 31esimo Stormo dell’Aeronautica italiana, aereo pagato dagli italiani con soldi pubblici».

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