Firenze, sequestrati 10,8 milioni di euro a Marcello Dell'Utri. A Palermo respinta la confisca
Sequestrati 10,8 milioni di euro a Marcello Dell’Utri: il provvedimento è stato disposto dal gip di Firenze su richiesta della procura distrettuale antimafia di Firenze. Dell’Utri, secondo l’accusa, in quanto condannato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, avrebbe dovuto comunicare secondo la legge Rognoni Latorre, le variazioni del reddito per un ammontare di oltre 42 milioni e mezzo. Ma non lo avrebbe fatto, da qui il sequestro preventivo. La notizia del sequestro milionario disposto nei confronti di Marcello Dell’Utri è stata data, con una nota, dalla procura di Firenze: la misura cautelare reale, si spiega, «si inserisce nel quadro di procedimento penale oggetto di un più ampio coordinamento investigativo, portato avanti, in ambito nazionale, dalla Direzione nazionale Antimafia, finalizzato all’individuazione dei mandanti esterni delle stragi continentali del 1993-1994». Procedimento nel corso del quale «sono stati condotti vari accertamenti concernenti i flussi finanziari che hanno riguardato Marcello Dell ‘Utri dal 2014 ad oggi». «In particolare, la misura cautelare reale - si spiega nella nota - è stata richiesta ed ottenuta» poiché, «l’indagato, con più azioni e omissioni, in tempi diversi, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, pur essendovi tenuto» ometteva «di comunicare,’ entro i termini stabiliti dalla legge, le variazioni patrimoniali indicate nell’art. 30 della medesima normativa per un ammontare complessivo di 42.679.200 euro». A Palermo, invece, la sezione misure di prevenzione del tribunale ha rigettato la richiesta della Procura di disporre la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e la confisca dei beni dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Il provvedimento è stato depositato il 13 marzo scorso. Dell’Utri era difeso dagli avvocati Francesco Centonze e Tullio Padovani. Il procedimento nasce nel 2020 con la richiesta della Procura di Palermo di applicare a Dell’Utri la sorveglianza speciale e di disporre la confisca (previo sequestro) di parte dei suoi beni. Il Tribunale rimandò gli atti ai pm chiedendo approfondimenti. Nel 2021 l’ufficio inquirente, alla luce degli accertamenti disposti, ha reiterato le istanze ritenendo l’ex senatore di Fi socialmente pericoloso e sostenendo che parte del suo patrimonio fosse sproporzionato rispetto ai suoi redditi leciti. Il 29 settembre scorso il tribunale ha rigettato la richiesta di sequestro ritenendo che non fosse stata dimostrata la provenienza illecita dei beni dell’ex manager di Publitalia e della sua famiglia e ha fissato l’udienza in cui discutere della confisca e della sorveglianza speciale. Nel frattempo il no al sequestro è stato confermato dalla Cassazione ed è diventato definitivo. Il 13 marzo la decisione del tribunale che respinge le istanze dei pm. Per il tribunale Marcello Dell’Utri, attualmente, non è socialmente pericoloso. Lo scrivono i giudici nel decreto che rigetta la richiesta della Procura di applicare all’ex senatore di Fi la misura di prevenzione della sorveglianza speciale che proprio nell’attualità della pericolosità sociale ha il suo presupposto. «Pur avendo le pregresse vicende giudiziarie (nel caso del processo per concorso esterno, concluse con condanna irrevocabile) acclarato la commissione di condotte indubbiamente integranti manifestazioni di una pericolosità ‘qualificata’ – scrivono i giudici – le stesse riguardano fatti risalenti al 1994, rispetto ai quali (tenuto conto della peculiarità del caso e del tempo trascorso) alla data della presente decisione non ricorrono elementi concreti e certi di un effettivo ed attuale rischio di ricaduta nel reato». Il tribunale, pur ammettendo che i reati di cui l’ex senatore si è reso responsabile sono di «estrema gravità (anche in considerazione della funzione concretamente assunta da Dell’Utri, di mediazione fra il sodalizio mafioso e un uomo che ha certamente segnato la storia imprenditoriale e politica del Paese negli ultimi 40 anni)», precisa «che non è mai stata ritenuta la partecipazione del Dell’Utri al sodalizio e che il ruolo concretamente ricoperto era intimamente collegato, in via diretta, a personaggi non più in vita (come Silvio Berlusconi e Vittorio Mangano), o comunque, anche indirettamente, da tempo ristretti in carcere o non più direttamente operativi e comunque ad una stagione storica e ad un particolare ruolo (di raccordo fra il sodalizio mafioso e Berlusconi, il suo gruppo imprenditoriale e le sue prime iniziative politiche) non più, in concreto, replicabile». Inoltre «la tesi della connessione fra gli enormi versamenti ed un possibile patto criminale tra Dell’Utri e Berlusconi e/o la riconoscenza (o la remunerazione) per il silenzio serbato dal Dell’Utri circa i rapporti fra Berlusconi e Cosa nostra, pur se estremamente suggestiva (fosse solo per l'incredibile ammontare complessivo di tali versamenti e per la stessa storia criminale di Dell’Utri), presta il fianco alla finora indimostrata esistenza di accordi fra il sodalizio criminale e Berlusconi, sia in campo imprenditoriale che politico». «Non posso che esprimere la mia più profonda amarezza e indignazione, leggendo le calunnie che continuano ad essere diffuse ai danni del Presidente Silvio Berlusconi, nonostante la sua scomparsa. A seguito del provvedimento di sequestro disposto dal gip di Firenze nei confronti di Marcello Dell’Utri, riemerge per l’ennesima volta la fantomatica tesi sostenuta dalla Procura fiorentina secondo cui la generosità dimostrata verso Dell’Utri costituisce il ‘prezzo che il Presidente avrebbe pagato per il suo silenzio». È quanto scrive in una nota l’avvocato Giorgio Perroni, legale della famiglia Berlusconi, spiegando che “sono ormai quasi 2 anni che la ricostruzione della Procura fiorentina è stata smentita e, malgrado ciò, si continua a calunniare il Presidente Berlusconi».