Un delitto «strano». Nelle parole di un investigatore c’è la sintesi di quello che si presenta come un rompicapo per chi deve risolvere il caso dell’omicidio di una dottoressa di 67 anni, Francesca Romeo, in servizio alla guardia medica di Santa Cristina in Aspromonte, nel Reggino, uccisa ieri mattina in un agguato mentre in auto col marito Antonio Napoli, di 66, rimasto lievemente ferito, tornava a casa alla fine del turno. Un omicidio al momento senza un motivo apparente.
La donna, prossima alla pensione, la notte scorsa ha svolto il suo turno alla guardia medica. Assieme a lei il marito, psicologo in servizio al Centro di salute mentale di Palmi. L’uomo, da anni, era solito fare compagnia alla moglie nei suoi turni notturni. Ieri mattina la coppia è salita in auto, una Peugeot 3008, per fare ritorno a casa, a Seminara.
Il sicario o i sicari - al momento non è certo di quante persone fosse composto il gruppo di fuoco - ha atteso l’arrivo della vettura, guidata da Napoli, nascosto ai lati della strada. Quando l’auto ha rallentato per affrontare una curva stretta, si è parato di fronte al mezzo ed ha fatto fuoco con un fucile una prima volta contro il parabrezza lato passeggero. Poi un secondo colpo l’ha sparato verso il finestrino di destra. Il marito ha percorso alcune centinaia di metri prima di arrestare il veicolo e vedere la moglie uccisa.
Secondo la prima ricostruzione degli investigatori della squadra mobile di Reggio Calabria e del commissariato di Taurianova, coordinati dalla Procura di Palmi diretta da Emanuele Crescenti, chi ha sparato voleva uccidere proprio la donna. Dai rilievi, infatti, sarebbe emerso che la distanza da cui è stato sparato il colpo di fucile «non consentiva errori», come si è appreso in ambienti investigativi. Il sicario avrebbe utilizzato una cartuccia a palla singola ed una a pallini. Due colpi che, secondo gli investigatori, non necessariamente portano ad ipotizzare l’impiego di due armi. Le due cartucce, infatti, avrebbero potuto essere inserite nello stesso fucile.
Un agguato dalle modalità tipicamente mafiose in un’area, l’Aspromonte, dove la pressione della ’ndrangheta è forte, ma secondo gli investigatori l’ipotesi della criminalità organizzata sembrerebbe residuale. Francesca Romeo e Antonio Napoli non avevano alcun tipo di legame con ambienti criminali. Quelli che li conoscono parlano di due persone perbene e riservate. La coppia non aveva figli ed entrambi erano dediti al lavoro, dove vengono descritti come professionalmente preparati e disponibili.
Anche alla guardia medica dove lavorava Francesca, hanno riferito i suoi colleghi, non erano accaduti fatti particolari o problemi tali da far pensare ad un potenziale rischio per l’incolumità della donna, che aveva tre fratelli, uno dei quali poliziotto in pensione. E allora perché la dottoressa è stata uccisa? È la domanda che assilla gli investigatori della polizia ed il procuratore aggiunto di Palmi Santo Melidona e il pm Elio Romano che li coordinano.
Per cercare di indirizzare le indagini su una pista concreta, i magistrati hanno sentito informalmente il marito già sul luogo dell’omicidio, dopo che Napoli era stato medicato per una lieve ferita al braccio sinistro. L’uomo è poi stato sentito nuovamente nel pomeriggio in maniera formale. Su quanto abbia detto, c’è uno stretto riserbo. Le indagini puntano adesso a ricostruire gli ultimi giorni di vita di Francesca Romeo, oltre alla sua rete di conoscenze sia personali che professionali, per verificare se possa emergere un elemento utile a risalire all’autore del delitto.
L’omicidio ha suscitato sgomento e rabbia in Calabria ma non solo. Il presidente della Regione Roberto Occhiuto ha parlato di un gesto «barbaro», evidenziando come la Calabria «è una terra straordinaria, abitata da persone perbene, e si ribella contro i criminali e contro chi utilizza la violenza per diffondere terrore e morte» mentre da più parti si sono invocati interventi per garantire la sicurezza dei medici.
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