Non c’erano solo le polemiche politiche o a mezzo stampa sul cavalcavia maledetto di Mestre, dove martedì scorso (3 ottobre) sono morte 21 persone per la caduta di un bus navetta per i turisti. Le condizioni vetuste della struttura, e le ormai anacronistiche misure di sicurezza, avevano già interessato in qualche modo l’autorità giudiziaria lagunare, tanto che le «carte» sul manufatto sarebbero state già acquisite oltre un anno fa dalla Procura, assieme ai progetti per il consolidamento e ristrutturazione, compresi quelli sul rifacimento delle protezioni laterali. Non ne sarebbe scaturita un’inchiesta vera e propria, ma una acquisizione di informazioni, senza sviluppi. La tragedia del bus ha rimesso tutto in gioco, evidentemente, risollevando i dubbi sui presunti ritardi nell’esecuzione della ristrutturazione del cavalcavia, avviata da alcune settimane nella rampa di salita, e non in quella di discesa dove è avvenuto il disastro. «Non sono a conoscenza se dal 2021 vi sia un fascicolo in Procura, ma confermo che le preoccupazioni sullo stato di salute di quel cavalcavia hanno portato gli uffici della Viabilità a lavorare intensamente, finché oggi è palese un cantiere aperto per la messa in sicurezza, dal 4 settembre», ha ribadito l’assessore veneziano alla mobilità Renato Boraso, ricordando che la posa di un guardrail nuovo «è un lavoro complesso» e che «purtroppo, in Italia i passaggi formali sono così tanti che solo con il commissariamento si accelerano le opere pubbliche». A ritardare la partenza dei lavori, ha aggiunto, «abbiamo avuto anche la sfortuna del Covid, che per mesi ha rallentato tutto», ma al netto delle inchieste e degli approfondimenti «oggi rispondo io del lavoro dei miei uffici, che governano 1.200 chilometri di strade comunali, e so anche - ha concluso - che qualcun altro non ha fatto nulla per anni». A Boraso ha replicato l’ex vicensindaco, ora consigliere dei Verdi, Gianfranco Bettin. «A me risulta - dice - che l’accordo tra Provincia/Città metropolitana e Comune di Venezia per trasferire a quest’ultimo la competenza sul cavalcavia superiore (che la Provincia ricevette dall’Anas nel 2001) sia ricompreso in una delibera quadro approvata dal Commissario nel 2015». Nonostante ciò, prosegue Bettin, subito dopo l’incidente di martedì «esponenti dell’amministrazione comunale hanno alluso a responsabilità di altri nella tragedia, chirurgicamente depistando verso “15 o 10 anni fa” (esattamente prima delle giunte Brugnaro) o, il sindaco stesso, attribuendo le responsabilità dell’acquisizione onerosa del cavalcavia “ai sindaci che lo hanno preceduto”. Nessun sindaco prima dell’attuale ha, perciò mai avuto competenza sul cavalcavia superiore e “15 o 10 anni fa” essa era nelle mani della Provincia/Città metropolitana». Intanto, sul fronte clinico dei sopravvissuti, ieri a Mestre è stato dimesso il primo dei feriti, un cittadino tedesco di 28 anni, le cui condizioni erano migliorate negli ultimi giorni. È il padre della piccola Charlotte Nima Frommherz, un anno e 5 mesi, la vittima più piccola dell’incidente. La mamma della bambina, di 27 anni, è in cura nel reparto di terapia intensiva. Invariate le condizioni degli altri 14 pazienti ricoverati. Per le 20 vittime straniere non si prospettano tempi veloci per il rimpatrio delle salme. Nell’obitorio dell’ospedale di Mestre sono allineate le bare, e di alcune è già stata disposta la chiusura. Ma le «carte» necessarie al trasporto non sono ancora completate, ed è escluso che oggi i carri funebri possano ritirare i feretri. Bisognerà attendere domani, lunedì 9 ottobre.