La generosità e l’accoglienza possono sbattere contro la burocrazia che «vara» una norma restrittiva che impedisce di dare quanto dovuto. È la vicenda che ha come protagonisti una profuga ucraina e le norme per riconoscerle il sussidio deciso dal governo per sostenere chi è fuggito dal Paese dopo l’invasione da parte della Russia. Tra la profuga e le norme in mezzo ci sono le Poste, ente che fornisce i sussidi
I fatti: la profuga ucraina, malata terminale, manda la figlia, con delega e certificato Asl a ritirare alle Poste il sussidio, ma i soldi non li riceve poiché la normativa prevede che venga riscosso personalmente dal destinatario. La direttrice dell’ufficio postale dice alla signora di portare la madre in ambulanza. Per tutto ciò non c'è tempo perché la donna muore. La vicenda accade a Chiavari e a denunciarla è Assoutenti che parla di «assurda mala-burocrazia».
«Siamo venuti a conoscenza di questa assurda e vergognosa vicenda tramite il Numero Verde istituito dalla Regione Liguria, ma gestito proprio dagli operatori delle Associazioni dei Consumatori liguri, e come Assoutenti abbiamo deciso di anticipare il sussidio che sarebbe spettato a questa donna, abbiamo versato i 600 euro alla figlia (2 mensilità di sussidio ndr) in attesa che la situazione potesse sbloccarsi, ma la donna è morta prima che ciò avvenisse» afferma il presidente di Assoutenti Furio Truzzi.
«Abbiamo deciso - aggiunge - di aprire un formale reclamo contro Poste Italiane, facendo appello soprattutto all’amministratore delegato Matteo Del Fante perché intervenga prontamente a correggere ciò che impedisce ai direttori e agli impiegati delle Poste di sentirsi parte di questa rete di accoglienza».
Poste Italiane «esprime cordoglio» per la morte della signora e sottolinea che «il sussidio può essere erogato esclusivamente agli aventi diritto senza la possibilità di delega». «Ora tornerò in Ucraina per riportare a casa le ceneri di mia madre e spero di cuore che la mia esperienza possa servire affinché situazioni del genere non si verifichino mai più» ha spiegato la figlia della profuga.
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