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Truffe e riciclaggio in tutta Italia: 59 arresti e sequestri per 3 milioni

Consegnata Peugeot 308 GTi all'Arma dei carabinieri a Roma

Sono 59 gli indagati, di cui 46 raggiunti da ordinanza di custodia in carcere e 13 ai domiciliari, nell’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli ed eseguita dai Carabinieri del Comando Provinciale di Genova, supportati dai militari di Napoli, Salerno, Varese, Venezia, Roma, Frosinone, Latina, Milano, Brescia, Lodi, Novara, Avellino, Pordenone che hanno smantellato tre sodalizi criminali specializzati nella commissione di truffe operanti su gran parte del territorio nazionale. Tra i principali reati contestati ci sono falsità in titoli di credito e possesso di documenti di identificazione falsi, sostituzione di persona, intercettazione e impedimento illecito delle comunicazioni telefoniche, irregolarità nella ricezione e stoccaggio finalizzati alla sottrazione dell’accertamento o al pagamento dell’accisa sugli oli minerali, riciclaggio e autoriciclaggio.

La prima associazione per delinquere, avente base direttiva e logistica a Napoli, con ramificazioni in Lombardia e Friuli Venezia Giulia, agiva nell’ambito delle compravendite on-line di autovetture di pregio utilizzando quattro batterie operative. In particolare, dopo preliminari contatti telefonici, ai telefonisti (truffatori) subentravano altri sodali che, sotto false identità concludevano di persona le trattative consegnando agli inserzionisti assegni circolari falsi emessi da un inesistente ufficio postale creato allo scopo dall’organizzazione, che ne faceva comparire, tramite finte pagine web, i riferimenti sui principali motori di ricerca. Con altro modus operandi, i sodali si proponevano anche come sedicenti venditori di veicoli; infatti, utilizzando immagini del mezzo e dei documenti di circolazione ottenute via «whatsapp», nel corso delle trattative avviate come acquirenti duplicavano sui siti specializzati l’originale inserzione di vendita sostituendosi al vero proprietario ed indicando un prezzo d’acquisto decisamente conveniente. Contattati su un’utenza dedicata riportata in annuncio, i truffatori richiedevano agli ignari compratori di emettere a favore del falso venditore un assegno di caparra o coprente l’intera cifra e di anticiparne l’immagine attaverso un noto social di messaggistica come garanzia dell’impegno all’acquisto, rimandando la materiale consegna del titolo e della vettura ad un incontro con la vittima fissato a distanza di qualche giorno ed a cui non si sarebbero presentati. L’organizzazione, infatti, sfruttava quel lasso di tempo per riprodurre, a mezzo propri falsari e stamperia, l’assegno ricevuto in fotografia, incassandolo senza incorrere in alcun problema di «bene emissione» considerata la correttezza dei dati in esso riportati, corrispondenti a quelli del titolo originale contraffatto. Tra gli indagati anche dipendenti delle poste che, tramite indebiti accessi agli archivi informatici dell’Ente, fornivano i nominativi di persone molto anziane o emigrate da tempo all’estero che risultavano titolari di buoni fruttiferi in lunga giacenza o emittenti vaglia postali d’ingente valore. I buoni e i vaglia venivano successivamente clonati ed incassati con l’aiuto degli stessi impiegati da sodali o soggetti compiacenti, sostituitisi ai legittimi titolari-beneficiari utilizzando documenti falsi.

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