Gaspare Spatuzza, il killer pentito che ha riscritto la storia delle stragi di mafia e smascherato i depistaggi sull’omicidio di Paolo Borsellino, ha passato 25 anni in carcere e ora vuole tornare in libertà. I giudici hanno respinto una sua prima richiesta: secondo il Tribunale di sorveglianza di Roma non ha ancora terminato il «percorso di rieducazione», che anzi deve «consolidarsi», nonostante le Procure e le corti che l’hanno ascoltato in decine di indagini e processi abbiano garantito sulla sua attendibilità e sull’importanza del suo contributo. L’ex mafioso insiste e oggi in Corte di cassazione è fissata l’udienza sul ricorso contro l’ultimo diniego, scrive Il Corriere della Sera.
Dal punto di vista giuridico il problema è che Spatuzza, a differenza di Brusca e di molti altri pentiti famosi, ha cominciato a collaborare dopo che le prime condanne all’ergastolo erano già definitive. Quando ha confessato le stragi di Capaci e di via D’Amelio del 1992, senza che prima ne fosse accusato, era stato dichiarato colpevole per le bombe esplose in continente nel 1993 e per l’omicidio di padre Puglisi. Gli sconti di pena per l’uccisione di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti di scorta sono arrivate quando sulla sua testa pendeva il «fine pena mai». L’unica strada per uscire dalla detenzione domiciliare che sta scontando in una località segreta, è la liberazione condizionale, che gli ergastolani possono avere dopo ventisei anni di reclusione. E Spatuzza, calcolando la liberazione anticipata che si applica a tutti i detenuti, è già a trenta, spiega ancora il Corriere. La legge richiede «un comportamento tale da far ritenere sicuro il ravvedimento», e i giudici di sorveglianza hanno stabilito che per un assassino macchiatosi di così gravi delitti ci voglia «un esame particolarmente approfondito e attento», che certifichi «un effettivo e irreversibile cambiamento». Da dimostrarsi attraverso la «condanna totale del proprio passato criminoso» e «comportamenti coerenti» per «lenire le conseguenze materiali e morali delle condotte delittuose». Spatuzza è sulla buona strada, ha concluso il Tribunale, ma deve «completare e consolidare il positivo percorso intrapreso».
Con le sue dichiarazioni l’ex boss di Brancaccio ha scagionato i sette ergastolani innocenti per la strage di via D’Amelio, scarcerati dopo lunghissime detenzioni, e fatto riaprire le indagini sui nuovi accordi tra mafia e politica siglati dai suoi capi, i fratelli Graviano, alla fine del 1993. Ha chiamato in causa il partito di Berlusconi con dichiarazioni considerate a volte non sufficientemente riscontrate; tuttavia le indagini sulle stragi del ’93 sono ancora in corso anche sulla base della sua collaborazione. E a Caltanissetta sono sotto processo i poliziotti accusati di aver estorto le bugie ai falsi pentiti sconfessati da Spatuzza.
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