Tangentopoli non è finita. Mafie e corruzione sono fenomeni che sembrano essere radicati nel «senso comune», con la tendenza a considerare questi fenomeni criminali una «patologia nazionale». Sei cittadini intervistati su dieci ritiene che non sia cambiato nulla dal 1992. Il 22% degli intervistati pensa che la corruzione sia ancora più cresciuta. Il 78% degli italiani intervistati ritiene che la corruzione in politica sia lo specchio della società. L 85% riconosce il ruolo fondamentale dei colletti bianchi e professionisti nel legame con le mafie. Sono primi risultati che emergono da una ricerca di Demos-Libera sulla percezione della corruzione e delle mafie. Nelle prossime settimane sarà presentato il rapporto completo.
La mafia non è più sanguinaria e si è mimetizzata
La violenza mafiosa, secondo una considerevole parte di cittadini, appare oggi limitata rispetto al passato (42%). L’adozione di una strategia meno sanguinaria rende la mafia meno notiziabile, quindi mimetizzata agli occhi del pubblico. Ed essendo meno visibile non appare altrettanto feroce. Lavorando nell’ombra emerge una diversa logica mafiosa, più centrata sul collegamento con il mondo dei professionisti e dei colletti bianchi. L’85% degli intervistati riconoscono il ruolo fondamentale dei colletti bianchi e professionisti nel legame con le mafie. Il volto pubblico del fenomeno mafia sta assumendo un diverso profilo. Del resto, le competenze e le posizioni strategiche di queste figure nelle dinamiche di mercato e degli scambi finanziari, anche all’interno di un orizzonte globale e non solo nazionale, sono oggi fondamentali per gli interessi della mafia. In tale cornice, l’emergenza pandemica ha finito per rappresentare una finestra di opportunità per queste organizzazioni.
La corruzione al tempo del Covid
Al tempo del Covid-19, l’idea che la corruzione in Italia si stia diffondendo ulteriormente mostra, nelle opinioni degli intervistati, un dato piuttosto ampio: 67%. Una porzione simile (65%) ritiene che la mafia stia aumentando il suo potere grazie al Coronavirus. Il 78% degli italiani ritiene che la corruzione in politica sia lo specchio della società. E per questo difficile da debellare. Dunque, l’intreccio tra politica e corruzione è fortemente radicato nelle prospettive dei cittadini. Viene dato per scontato dagli italiani. Solo il 10% ritiene che la corruzione sia oggi meno legata alla politica rispetto al passato. In sei su dieci(58%) ritengono che, al pari del passato, corruzione e politica siano tra loro connesse. La corruzione viene percepita come un male per il bene comune: per il 77% degli intervistati ha inciso negativamente riducendo l’efficienza della sanità pubblica nel fronteggiare il Coronavirus. Dunque, la corruzione sembra essere un fenomeno endemico e latente per gli italiani. Tanto che coloro che la ritengono diminuita rispetto al tempo di Tangentopoli sono il 16%. E il 22% pensa sia ancor più diffusa. La grande maggioranza(60%) crede che non sia cambiato nulla dal 1992.
I clan si sono messi in affari
«La mafia che uccide o esercita forme di violenza diretta è, oggi, residuale: prevale quella imprenditoriale che fa soldi con i soldi, che usa il denaro per corrompere e aprirsi le strade, usando eventualmente la minaccia e l’intimidazione. Col rischio - commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera - che la strategia di basso profilo, nell’ombra, induca a pensare che non esista più. Invece esiste ed è più che mai potente perché insediata nei gangli dell’economia dei monopoli e del cosiddetto libero mercato, libero ma soggetto alle regole dei più forti. Oggi il grande problema è la connivenza tra sistema capitalistico e sistema criminale. La piaga è la commistione tra crimine economico e crimine mafioso, commistione resa spesso possibile dalla latitanza della politica in quanto cura e promozione del bene comune».
Preoccupante la scarsa conoscenza del Pnrr
Nella nota è definito «preoccupante che nella ricerca Demos-Libera sia evidente la scarsa conoscenza del Pnrr». Sette intervistati su dieci (71%) affermano di averne «nessuna» o «scarsa conoscenza». Uno strumento ritenuto salvifico ma sconosciuto. Il 47% degli intervistati si dichiara «allarmato» riguardo alla possibilità di infiltrazioni mafiose e ritiene che il rischio sia particolarmente elevato, viste le procedure emergenziali previste nell’impiego dei fondi europei. Il 40%, invece, mostra un atteggiamento «rassegnato», dando per scontato il rischio, analogo a quello di tutti gli investimenti pubblici. Solo il 12%, uno su dieci, risponde con «ottimismo» che, grazie alle particolari norme messe in atto, il rischio criminale sia inferiore rispetto al solito.
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