Lunedì 23 Dicembre 2024

Covid: +153% nuovi casi in 7 giorni, in Sicilia terapie intensive in affanno

Una terapia intensiva

La situazione Covid in Sicilia peggiora di settimana in settimana, così come in tutta l'Italia. Le scene di ospedali saturi sono sostenute dai dati che purtroppo ancora una volta danno una fotografia che non fa certo pensare ad una imminente ripresa. L'Isola tralatro è tra le 10 regioni che in un solo giorno ha visto crescere pericolosamente i ricoveri.

Occupazione delle terapie intensive

I posti letto in terapia intensiva occupati da pazienti con Covid-19 restano stabili al 15% a livello nazionale ma crescono in 10 regioni in 24 ore, come emerge dal monitoraggio Agenas, che confronta i dati del 5 gennaio con quelli del giorno prima: Campania (raggiungendo il 9%), Emilia Romagna (16%), Friuli (17%), Lazio (19%), Puglia (8%), Sicilia (14%), Toscana (16%), Umbria (13%), Valle d’Aosta (15%), Veneto (20%). Il tasso è stabile, ma oltre la soglia del 10%, in Abruzzo (13%), Calabria (15%), Liguria (21%), Lombardia (15%) Marche (21%), PA di Trento (24%), Piemonte (19%), Toscana (15%). In calo nella PA di Bolzano (18%).

I dati sull'incremento dei nuovi positivi

Ma i dati allarmanti non si fermano ai ricoveri in terapia intensiva. A livello nazionale un incremento del 153% di nuovi casi in una settimana; 1,26 milioni gli attualmente positivi e 63 Province con oltre 1.000 casi per 100 mila abitanti è quanto emerge invece dal monitoraggio della Fondazione Gimbe che, nella settimana dal 29 dicembre al 4 gennaio, registra un’impennata di nuovi casi (810.535 vs 320.269) e un ulteriore aumento dei decessi (1.102 vs 1.012).  In sette giorni raddoppiano i casi attualmente positivi (1.265.297 vs 598.868) e le persone in isolamento domiciliare (1.250.993 vs 587.634). La media mobile a 7 giorni è schizzata da 45.753 del 29 dicembre a 115.791 il 4 gennaio (+153,1%) e il rapporto positivi/persone testate ha raggiunto il 66,2%, dimostrando che senza il calo dei tamponi nei giorni festivi i nuovi casi sarebbero stati ancora di più. Nella settimana 29 dicembre 2021-4 gennaio 2022 in tutte le Regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi: dal 66,8% della Liguria al 423,9% dell’Abruzzo. In 63 Province l’incidenza supera i 1.000 casi per 100.000 abitanti.

Vaccini 5-11 anni non decollano

A fronte di un aumento dei contagi, anche in età pediatrica, non decollano le vaccinazioni nella fascia 5-11 anni: in 3 settimane sono state solo 400mila le somministrazioni. Al contrario, nella settimana dal 29 dicembre al 4 gennaio, sempre Gimbe sottolinea l’aumento del numero di somministrazioni (3.131.852), con una media mobile a 7 giorni di 447.993 somministrazioni al giorno, la crescita del 17,6% delle terze dosi (2.673.582) e del 44,2% dei nuovi vaccinati (290.613). Ma di questi, si legge nel report, il 57,6% appartiene alla fascia 5-11 anni che al 4 gennaio ha raggiunto quota 401.532 somministrazioni, attestando il mancato decollo delle vaccinazioni in età pediatrica.

Le accuse di Gimbe: "Misure Cdm frutto di compromessi politici"

"Purtroppo le nuove misure definite ieri dal Consiglio dei ministri sono il frutto di compromessi politici, piuttosto che di una coraggiosa strategia di contrasto alla pandemia. Rappresentano un’ulteriore stratificazione di 'pannicelli caldi' insufficienti e tardivi, privilegiando l’esasperazione della burocrazia per mettere tutti d’accordo e scommettendo per l’ennesima volta sulla resilienza di ospedali e professionisti sanitari, già allo stremo",  afferma il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. "Innanzitutto, l’obbligo vaccinale limitato agli over 50 (che al momento non prevede sanzioni) avrà un impatto non prevedibile visto che non è noto il numero degli esentati, e il super green pass per i lavoratori over 50 sarà del tutto inefficace nel breve termine, perchè entrerà in vigore il 15 febbraio. In secondo luogo - continua -, le misure per la sicurezza nelle scuole sono insufficienti per evitare il ricorso alla dad e introducono regole complesse e difficili da applicare con i servizi di sanità pubblica già in sovraccarico. Ancora lo smart working viene liquidato con la semplice raccomandazione di «usare al meglio la flessibilità già consentita dalle regole vigenti".

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