«Incontrai Giovanni Falcone quando si parlava della sua nomina alla Procura Nazionale Antimafia. Mi disse che Mutolo aveva iniziato a collaborare e che avrebbe fatto rivelazioni esplosive. Mi invitò a fare domanda per andare alla Procura Nazionale prospettandomi che avremmo indagato insieme su Gladio». Lo ha detto l’ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato deponendo a Caltanissetta al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. Imputati, con l’accusa di calunnia aggravata, i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, componenti della squadra «Falcone-Borsellino» guidata Arnaldo La Barbera. «Gladio d’altro canto era un argomento sul quale - ha proseguito Scarpinato - ci eravamo già confrontati e su cui avevamo avuto scontri con l’allora procuratore Giammanco. Per Falcone si doveva partire da lì per ricostruire i delitti politici, mentre Giammanco era contrario»
Mafia e appalti, nessun insabbiamento
«La Procura di Palermo non ha mai insabbiato i nomi dei politici Lima, Mannino e Nicolosi. Per il semplice motivo che il Ros depositò l’informativa 'Mafia e appaltì con questi nomi dopo la strage di via D’Amelio e la morte di Paolo Borsellino. Questo deposito avvenne il 5 settembre 1992. Nell’informativa depositata in precedenza, nel febbraio 1991, non si fa alcun cenno a questi, anche se le intercettazioni risalivano al maggio 1990». Afferma inoltre l’ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, che all’epoca era sostituto procuratore alla Procura della Repubblica di Palermo. Oggetto della deposizione l’inchiesta mafia-appalti condotta dalla procura nei primi anni '90. Secondo i legali proprio quell'indagine sarebbe il movente dell’accelerazione dell’attentato a Borsellino. «Borsellino prese servizio come aggiunto a Palermo - ha proseguito Scarpinato - e lo incontrai due volte, in una riservatamente. Gli dissi che già nel giugno 1991 avevamo dato una delega di indagine sulla parte principale dell’informativa che riguardava la Sirap e appalti per 1000 miliardi. Purtroppo - ha aggiunto - questa informativa, in cui c'erano anche i politici, è stata depositata solo dopo la morte di Paolo Borsellino. E nessuno ha ritenuto di dirci nulla neanche di fronte all’omicidio di Salvo Lima. Nessuno dei carabinieri che, mentre noi cercavamo di capire qualcosa, che ci avvertisse. Queste intercettazioni le aveva il Ros e sono rimaste nella caserma del Ros. E invece, tramite articoli di stampa, si citavano e fu fatto credere, tramite articoli di stampa, che la Procura di Palermo insabbiava le carte. Quelle carte in quel momento non le avevamo fatte». Scarpinato ha inoltre aggiunto che, nel secondo incontro, il giudice Borsellino a proposito del cosiddetto «Corvo» gli disse che «era scritto con cura da un ufficiale del Ros e che aveva degli appuntamenti per capire chi era».