Irene Pivetti avrebbe avuto ancora la «concreta possibilità di spostare» soldi «sui conti correnti» aperti all’estero e «intestati alle società del cosiddetto Gruppo Only Italia», a lei riconducibile, o «su conti di altri prestanome o di cosiddette tesorerie fiduciarie» per moltiplicare gli affari «illeciti» di un «opaco reticolato di società». È per queste ragioni, indicate dalla Procura, che stamani la Guardia di Finanza di Milano ha eseguito a carico dell’ex presidente della Camera un sequestro preventivo d’urgenza per quasi 3,5 milioni di euro e un altro nei confronti di un suo consulente, Pier Domenico Peirone, da quasi 500mila euro.
Un anno fa l'inchiesta e la bufera
L’inchiesta è quella già venuta a galla lo scorso anno, prima con perquisizioni e poi con un altro sequestro, su una serie di complicate operazioni commerciali, tra cui una presunta compravendita fittizia di tre Ferrari Gran Turismo, che sarebbero servite per riciclare profitti di evasione fiscale. Un’indagine, con al centro reati tributari e ipotesi di riciclaggio e autoriciclaggio, condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e coordinata dal pm Giovanni Tarzia, che ora è stata anche chiusa in vista della richiesta di processo per l’ex esponente leghista e altri sei: Peirone, il pilota di rally ed ex campione di Gran Turismo Leonardo Le Isolani, la moglie Manuela Mascoli, la figlia di lei Giorgia Giovannelli, il notaio Francesco Maria Trapani e un altro imprenditore.
Nuovi guai giudiziari, quindi, per Pivetti dopo il caso della fornitura da 15 milioni di mascherine alla Protezione Civile (per 30 milioni di euro) sempre da parte della Only Italia. Vicenda che nel 2020 aveva dato il via ad un’altra indagine, scattata a Roma, passata per Milano e approdata a Busto Arsizio (Varese). Il fascicolo appena chiuso nel capoluogo lombardo ipotizza, invece, un ruolo di intermediazione di Only Italia in operazioni del 2016 del Team Racing di Isolani, che voleva nascondere al Fisco alcuni beni, tra cui le tre Ferrari, una delle quali sequestrata dalle Fiamme Gialle tempo fa.
La finta vendita di auto da corsa
Attorno alle tre auto da corsa, secondo l’accusa, venne organizzata una finta vendita verso una società cinese. Quelle macchine, però, non sono mai arrivate, si legge negli atti, «nella disponibilità» dell’acquirente sulla carta, il gruppo cinese Daohe del magnate Zhou Xi Jian, ma sarebbero state trasferite da ‘Leò Isolani in Spagna, «dove tentò di venderle». L’unico «bene effettivamente ceduto, ovvero passato» ai cinesi è stato «il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari». Se, da un lato, lo scopo di «Isolani e Mascoli» (lui e la moglie si trasferirono alle Canarie) era quello «di dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli» all’Erario, «l’obiettivo perseguito da Irene Pivetti», dall’altro, è stato quello «di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona». Attraverso la «complessa contrattazione» Isolani e la moglie, «simulando la vendita dell’intera scuderia, hanno di fatto ceduto soltanto il logo», mentre Pivetti, scrive ancora la Procura, ha comprato quel logo a 1,2 milioni di euro e lo ha rivenduto al gruppo cinese a «10 milioni». Gli investigatori hanno seguito le tracce di un vorticoso giro di denaro per oltre 7,5 milioni di euro con rogatorie in mezzo mondo (Hong Kong, Cina, Macao, Svizzera, San Marino, Malta, Monaco, Gran Bretagna, Polonia e Spagna). Ora, dopo la chiusura dell’inchiesta, Pivetti potrebbe chiedere di essere sentita dagli inquirenti.
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