Sabato 23 Novembre 2024

Green pass, l'allarme di Regioni e Lega: modifiche o rischio caos

Il conto alla rovescia per l’obbligo del Green pass sui luoghi di lavoro, che scatterà dal 15 ottobre prossimo, è già partito. Ma all’avvicinarsi del D Day crescono anche i timori per l’impatto pratico. E mentre a Roma finisce con violenti scontri e cariche della polizia la manifestazione organizzata da chi si oppone al certificato verde, si fa sempre più forte l’allarme per il rischio caos nelle aziende. Se ne fanno portavoce le Regioni (ma il fronte non è compatto), che potrebbero discuterne nella loro Conferenza il 13 ottobre prossimo. E anche i partiti di centro-destra, Lega e Forza Italia in testa, che pure propongono al governo soluzioni agli antipodi. Matteo Salvini: l’allungamento a 72 ore del tempo minimo di validità del certificato verde. L’introduzione dell’obbligo vaccinale, invece, il partito di Silvio Berlusconi.

Il governo non torna indietro sulla carta verde

Ma sul Green pass non si torna dietro e l’esecutivo sta facendo tutto quello che serve per partire bene, sostengono qualificate fonti del governo, ribadendo che nei prossimi giorni ci saranno ulteriori indicazioni sull’applicazione dei controlli. Ormai è stato praticamente raggiunto l’80% della popolazione vaccinabile, dicono ancora, e tra 10 giorni il dato sarà ancora migliore. Si sta inoltre lavorando per dare istruzioni a tutti i livelli per come effettuare i controlli, dunque non ci saranno ritardi o complicazioni. Il Governo «prosegue nel suo impegno per portare a termine la campagna di vaccinazione contro il COVID-19» conferma, ringraziando gli italiani che hanno aderito “con convinzione", il premier Mario Draghi, alla cui firma sono arrivate le linee guida per il controllo e la verifica del green pass nella Pubblica amministrazione: ciascuna amministrazione sarà autonoma ma le verifiche non dovranno determinare ritardi o code all’ingresso e dovranno essere compatibili con la disciplina in materia di privacy. L’accertamento potrà essere giornaliero o a campione o a tappeto, con o senza l’ausilio di sistemi automatici.

Le Regioni chiedono modifiche

La preoccupazione di chi chiede modifiche è legata all’alto numero di lavoratori No vax, che per accedere al posto di lavoro dovranno sottoporsi al tampone, ogni due giorni se fanno il rapido, ogni tre se scelgono il molecolare. Sono più di 5 milioni e il sistema sanitario e delle farmacie a questi ritmi non può reggere, come denunciano i governatori, numeri alla mano. I conti li fa per tutti il presidente del Veneto Luca Zaia, partendo dalla sua regione: la stima dei lavoratori non vaccinati è di 300-350mila persone. Una cifra insostenibile visto che attualmente , si fanno 60mila test al giorno. Non c’è dunque la capacità «di controllare tutti i non vaccinati ogni due giorni» e se il Veneto non è in grado di farlo «non ce la faranno nemmeno le altre Regioni». È sempre Zaia a indicare una possibile soluzione: consentire di fare i test fai da te, cioè i tamponi nasali, nelle aziende, «con la sorveglianza delle imprese». Il costo resterebbe a carico dei lavoratori, anche se tra gli imprenditori «c’è chi è anche disposto a pagarli di tasca sua». L’idea piace al presidente della Conferenza delle Regioni e governatore leghista del Friuli Venezia Giulia, Massimo Fedriga. «È sicuramente una proposta utile da valutare», ma se si sceglie questa strada «bisogna fare presto», avverte Fedriga che considera anche l’allungamento a 72 ore della validità minima del Green pass e il prezzo ‘politicò per il tampone soluzioni «da considerare con attenzione». Sulle stesse richieste (riorganizzare il sistema di rilascio dei Green pass dopo l’esecuzione dei tamponi, allungando ulteriormente i tempi di validità e dare la possibilità alle imprese di organizzarsi anche autonomamente per i test) sembrano attestarsi tutte le Regioni anche se in serata si sfilano la Liguria e il Lazio. I benefici che porta il Green pass sono «di gran lunga superiori“ alle difficoltà che porta nei posti di lavoro, fa notare Giovanni Toti, che invita a no fermarsi contro la possibilità di debellare il Covid. È «fondamentale» fare i vaccini, non invece chiedere deroghe, che al contrario rischiano di «disorientare il cittadino» , avverte da parte sua l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato.

Salvini: "Allungare la data del green pass da 48 a 72 ore"

Se Salvini ritiene «possibile e doveroso» allungare la durata minima del Green Pass da 48 a 72 ore perchè «evitare caos, blocchi e licenziamenti il 15 ottobre è fondamentale», Forza Italia, pur condividendo l’allame, sembra marcare la distanza dalla Lega, con la richiesta al governo di valutare l’opportunità dell’obbligo vaccinale: «va presa in seria considerazione», dice la presidente dei senatori Anna Maria Bernini. Il Pd con Francesco Boccia reagisce infastidito alla proposta di Salvini: la Lega non cambia mai, chieda vaccini per tutti invece di deroghe. «La pratica da incoraggiare è quella del vaccino non del tampone» conviene il presidente di Federfarma Marco Cossolo, che segnala l’aumento della domanda di test, assicurando comunque che le farmacie si stanno attrezzando. Intanto la Lega ha presentato un emendamento al decreto Infrastrutture a tutela dei lavoratori stranieri che si sono immunizzati con vaccini non riconosciuti da Ema per evitare, con l’entrata in vigore dell’obbligo del green pass, «la paralisi del sistema dei trasporti e della logistica», come sottolinea il vice ministro alle Infrastrutture Alessandro Morelli.

leggi l'articolo completo