Luca Morisi è pronto a spiegare cosa è avvenuto a casa sua nella barchessa di Belfiore tra il 13 e il 14 agosto e di chi era la droga dello stupro. È pronto a fornire una spiegazione sul perché ci fossero due grammi di cocaina nei piatti in bella vista e perché ci fossero due ragazzi romeni che ai carabinieri, dopo aver lasciato l’abitazione, hanno raccontato di aver ricevuto proprio da lui una boccetta di Ghb, la cosiddetta droga dello stupro. «C’è la piena disponibilità a chiarire tutti gli aspetti della vicenda» dice il legale dell’ex spin doctor della Lega Fabio Pinelli negando però che sia stato Morisi a cedere la droga e ribadendo «l’irrilevanza penale» della sua condotta.
Parole che contrastano con la versione del ragazzo: «quella notte mi ha distrutto la vita, la droga dello stupro era sua», dice in un’intervista. Il ragazzo, che sarebbe già tornato in patria, non dice però solo questo e nel suo racconto ci sono anche elementi in contrasto con la versione fornita dagli inquirenti e dagli investigatori. Lui e l’amico, racconta, sarebbero stati contattati da Morisi via web e il compenso pattuito per la serata era molto elevato: 4 mila euro scrive Repubblica, 1.500 ciascuno il Corriere. «Il patto è che voleva usare droga perché voleva divertirsi, per queste cose si paga». Ma quei soldi non sarebbero mai stati pagati: «la carta era bloccata o qualcosa del genere, c’era qualcosa che non andava». Il ragazzo aggiunge poi che di quella serata di agosto ha «prove, foto e messaggi che dimostrano che tutto ciò che dico è la verità». Il ventenne, stando al suo racconto, arriva con l’amico a Belfiore per passare la notte con Morisi. «Ad un certo punto - dice - mi sono sentito molto male a causa delle sostanze assunte, sono scappato dall’abitazione e ho chiamato i carabinieri». Dunque non ci sarebbe stato nessun controllo di routine lungo la strada da parte dei militari, come invece affermato dagli inquirenti. Quanto alla boccetta di droga trovata nel suo zaino, il ragazzo conferma che «viene dalla casa di Morisi, quella roba è sua». Ma aggiunge di non sapere come sia finita nello zaino. «Non so», ce l’ha messa «uno dei due che era a casa con me, direi».
L’inventore della macchina social leghista continua però a ribadire la sua versione - «quella boccetta non è roba mia» - e, secondo quanto si apprende, non dovrebbe presentarsi in procura. Dunque, è probabile che affidi la sua versione dei fatti ad una memoria o che lasci ai legali il compito di spiegare quello che, ha ripetuto l’avvocato, «è un fatto che attiene alla vita privata dell’interessato». E Pinelli è tornato a puntualizzare nuovamente un altro aspetto della vicenda che già ieri aveva smentito: non esiste nessun quarto uomo, nella cascina a Belfiore c’erano solo Morisi e i due ragazzi romeni. Versione confermata anche dagli inquirenti e dagli investigatori: a parlare di un’altra persona è stata una vicina di casa che, però, potrebbe essersi confusa. E ribadita anche dal ragazzo intervistato dai quotidiani.
Un botta e risposta tra la procura e la difesa c’è stato invece sull’iscrizione nel registro degli indagati del ragazzo romeno che nel corso della perquisizione è stato trovato con la boccetta di presunta droga liquida. «Dagli atti nella legittima disponibilità della difesa, risulta sottoposta ad indagine un’ulteriore persona» ha detto Pinelli dopo che il procuratore Angela Barbaglio aveva sostenuto che «l’unico indagato è Luca Morisi. Non c’è nessun altro per questo procedimento». Il capo della procura ha però chiarito poco dopo: «Nell’indagine su Morisi io ho riferito solo ciò che ricordavo quando mi è stata comunicata la notizia di reato, un mese e mezzo fa: e in quel momento riguardava solo la cessione di una sostanza liquida, che i due ragazzi asserivano essere droga. Cosa sia successo dopo - aggiunge - ovvero se il collega Aresu, nel proseguo delle indagini, sia arrivato ad iscrivere una o altre persone, non lo so. Se l’avvocato Pinelli sostiene che oltre a questi c’è un secondo indagato, uno dei due ragazzi, immagino che lo faccia a ragion veduta, avendo contattato il pm per approfondire gli atti dell’inchiesta». Certo è che nel decreto di nomina del difensore d’ufficio e di convalida della perquisizione e sequestro è scritto che «il pm Stefano Aresu, visti gli atti del procedimento numero...» procede «nei confronti di Luca Morisi» e del ragazzo romeno ai sensi «dell’articolo 73 comma 4» del testo unico sugli stupefacenti (Dpr 1990/309), vale a dire per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti.
Barbaglio dice però anche un’altra cosa: dal 14 agosto, data della denuncia di Morisi e del romeno, la procura ha effettuato gli accertamenti necessari, a partire da quelli sui tabulati per capire che tipo di frequentazione ci fosse tra i tre, «e nulla è emerso». Resta dunque una «storia banale», almeno dal punto di vista giudiziario, con il romeno che accusa Morisi e l’ex spin doctor della Lega che nega di avergli ceduto la presunta droga. E resta da attendere l’esito delle analisi sulla boccetta, per le quali ci vorranno ancora giorni.
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