Un contributo, un rimborso, una «donazione». Potevano essere diverse le scuse per conquistare la fiducia dei responsabili di Istituti religiosi e case di riposo. L'obiettivo era quello di far credere che per acquisire quella somma cospicua, bisognava anticiparne una piccola. Ed a fronte di 148 truffe - messe a segno dal settembre 2014 al febbraio 2019 -, la banda con base a Siracusa e ramificazioni in tutta Italia aveva già raccolto circa 254 mila euro.
I carabinieri, nell’ambito di un’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Salvatore Grillo, hanno sottoposto all’obbligo di dimora sette persone (4 residenti nel Siracusano e 3 nel Torinese) per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe in danno di istituti religiosi e case di riposo. Individuate 158 truffe. Sono in corso le ricerche di un altro destinatario della misura.
L’inchiesta sulla maxi truffa a Siracusa è scattata in seguito alle prime denunce delle vittime. Come ricostruito dagli investigatori gli istituti religiosi venivano contattati da soggetti che dichiaravano di essere impiegati pubblici, direttori e impiegati di banca o di uffici postali che preannunciavano lo stanziamento di somme di denaro, qualche decina di migliaia di euro, come contributo per le attività scolastiche svolte, rimborsi di vario genere, donazioni di benefattori contributi pensionistici. Ma l’ente erogatore sosteneva di avere erroneamente stanziato una somma maggiore rispetto a quella spettante, così per incassare l’«obolo» veniva richiesta l’immediata restituzione delle somme eccedenti (in genere da mille a 3 mila euro). Le vittime versavano il denaro tramite vaglia postali veloci o mediante ricariche postepay intestati a complici che venivano utilizzati come prestanome.
Oltre agli 8 indagati sono state denunciate 69 persone, che dietro compenso (dai 200 ai 400 euro), procuravano carte ricaricabili, schede telefoniche per contattare le vittime e notizie utili per guadagnarne la fiducia. Disposto anche il sequestro di 21 conti correnti riconducibili agli indagati. Durante le perquisizioni sono state sequestrate 10 carte di credito/debito, ulteriori 8 carte «vergini» per la clonazione provviste di microchip e 16 mila euro in contanti.
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