Domenica 22 Dicembre 2024

Canicattì ricorda il sacrificio del beato giudice Livatino

Un martire della giustizia. Magistrato probo, coraggioso, spinto dai grandi valori trasmessi dalla famiglia, ligio alla rettitudine e sorretto da una fede profondissima, capace, secondo le carte raccolte nel processo di beatificazione, di avere compiuto dopo la morte due miracoli. La vita di Rosario Livatino - ucciso 31 anni fa dalla mafia nelle campagne di Agrigento, definito giudice ragazzino per la sua giovane età e per il coraggio misto ad una esperienza davvero inusuale a dispetto dell’età - è stata e rimane ancora una testimonianza di impegno civico, di aderenza ai valori della Costituzione, di profondo amore verso la legalità. Una carriera fulminante la sua. Cresciuto in una Canicattì intorbidita dagli interessi mafiosi, nel 1975, a 23 anni si laurea in Giurisprudenza a Palermo. Tre anni dopo il suo ingresso in magistratura: prima tappa Caltanissetta, poi Agrigento. Proprio lì, oggi una stele, nella vecchia statale 640 ora isolata dal  nuovo tracciato della Caltanissetta- Agrigento, ne ricorda il sacrificio. Dell’omicidio fu testimone Pietro Nava, un imprenditore lombardo rappresentante di porte blindate. Le sue dichiarazioni, affidate ai magistrati che indagarono sulla morte del giudice, si rivelarono utilissime per chiudere il cerchio attorno ai killer, che furono arrestati. Uno di essi, Gaetano Puzzangaro, picciotto della famiglia di Palma di Montechiaro, dopo essersi pentito e convertito, in questi anni ha dato un contributo importante alla causa di beatificazione di Livatino. Processo di beatificazione avviato nella sua fase diocesana nel 2011 a firma dell’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro e che si è concluso nel 2018 con l’invio di quattromila pagine, tra testimonianze e ricostruzioni, alla Congregazione delle cause dei Santi. Tra i miracoli attribuiti a Livatino due prodigi che sarebbero avvenuti con la sua intercessione su due donne, entrambe colpite dalla leucemia e successivamente guarite. Rosario Livatino non è quindi soltanto un martire della giustizia perchè vittima della vile mano assassina della criminalità, ma è stato quel giudice cresciuto con dei saldissimi valori in una Canicattì gravata dal controllo di Cosa Nostra, che ha inteso la giustizia secondo quel concetto cristiano che considera gli uomini retti dei giusti. Livatino è stato un giudice ragazzino che ha pagato con la sua esistenza la battaglia per liberare la sua Sicilia dall’abbraccio mortale della mafia. Ieri sera è stato ricordato con una veglia nella chiesa San Domenico e davanti la Casa Museo Livatino, a Canicattì. Oggi sempre nella Chiesa San Domenico sarà celebrata una funzione religiosa. Poi, un omaggio alla stele fatta erigere dai genitori in ricordo del loro unico figlio. Ieri è stata presentata la seconda edizione del Festival della Legalità a Canicattì. «E' un’edizione molto più ricca rispetto a quella dell’anno scorso, le giornate saranno pienissime dalle ore 14 fino a mezzanotte - ha spiegato Simone Luglio, direttore artistico - Si spazierà fra incontri, discussioni, poesia, musica, prosa con lo spettacolo “L'ultima estate” su Falcone e Borsellino, “Sìmu e puarcu” che aprirà il festival, “La strada” che è un percorso di immersione sonora che ci permetterà di visitare anche la casa di Livatino e saremo immersi nei suoni di quella casa come se rivivesse”. “La linea è sempre la stessa: parlare di legalità in un altro modo, ossia abituando le persone, dai bambini con i workshop agli adulti, - ha concluso Simone Luglio - a parlare e ad ascoltare quello che abbiamo intorno, vedendo e riconoscendo la bellezza”. "Il Festival della Legalità è stato voluto dall’amministrazione comunale di Canicattì e quest’anno avremo un programma sempre più ricco ed articolato, con il coinvolgimento diretto di tanti giovani”, ha spiegato l’assessore comunale Angelo Cuva. Tutto è pronto, dunque, al centro culturale San Domenico di piazza Dante a Canicattì dove ogni giorno - da oggi a sabato - vi saranno workshop per bambini, adolescenti ed adulti.  

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