Una decisione dovrebbe arrivare a breve, ma sembra sempre più probabile che anche in Italia si somministrerà, a partire da ottobre, una terza dose di vaccino anti-Covid, ma non a tutti. L'idea su cui stanno ragionando ministero della Salute e Cts è quella di partire con i più fragili, cioè immunodepressi e anziani.
Un'ipotesi su cui sono d'accordo anche gli esperti, anche se, secondo alcuni, sarebbe meglio far precedere il richiamo da un monitoraggio degli anticorpi neutralizzanti, per vedere chi realmente ne ha bisogno. E se l'Ema o le agenzie sanitarie nazionali ritengono necessaria una terza dose, l'Ue - questo il messaggio del commissario per il Mercato interno, Thierry Breton - è pronta grazie alle sue grandi capacità produttive.
Sempre più dati, hanno spiegato nel corso di vari interventi radiofonici e televisivi sia Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, che il sottosegretario Pierpaolo Sileri, indicano che anziani e persone fragili, vaccinati a gennaio e febbraio, stanno esaurendo la loro protezione, e vanno riprotette. Per questo bisogna partire da loro.
A confermarne la necessità sono anche i risultati di uno studio pubblicato in pre-print dall'università di Glasgow e coordinata dal Centro per la Ricerca contro il Cancro dell'università di Birmingham sulla rivista Lancet, secondo cui il 40% delle persone immunodepresse, cioè con un debole sistema immunitario, generano bassi livelli di anticorpi rispetto a chi è in buona salute dopo due dosi di vaccino contro il Sars-CoV-2. Secondo lo studio l'11% dei pazienti immunodepressi presenta una risposta immunitaria pari a zero dopo le due dosi.
"Al momento non vi sono dati sulla sicurezza della terza dose, mentre sono usciti alcuni studi sugli immunodepressi, in particolare trapiantati e dializzati, che rispondono poco alle prime due dosi e bene alla terza", spiega il virologo dell'università Bicocca di Milano, Francesco Broccolo. "Credo che la terza dose andrebbe valutata per gli immunodepressi, quali trapiantati e dializzati, e gli over 80, soprattutto quelli che risiedono nelle Rsa, perché hanno mostrato di avere una risposta immunitaria più debole e meno duratura", continua.
Secondo il virologo però sarebbe opportuno valutare chi, tra queste categorie, ha realmente bisogno della terza dose, "perché non tutti hanno una risposta bassa al vaccino. A tal fine potrebbe senz'altro essere utile fare in queste persone un monitoraggio periodico dei livelli di anticorpi neutralizzanti, perchè sono questi quelli che proteggono dall'infezione".
Uno strumento efficace da questo punto di vista, più che il test sierologico in sé, "che rileva gli anticorpi totali", potrebbe essere "il nuovo test rapido pungidito, da poco validato e prodotto da un'azienda italiana, che rileva gli anticorpi neutralizzanti - conclude Broccolo -. Per monitorare ogni 1-2 mesi la situazione di anziani e dializzati per esempio sarebbe molto utile, facile da usare ed economico".
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