Aumentano dell’1% i posti letto in reparto occupati da pazienti Covid negli ospedali Italiani. Il primo dopo settimane di calo o stabilità. E, soprattutto, un aumento trainato dalle regioni del Sud Italia ovvero Calabria, Campania e Sicilia. E proprio la Sicilia, insieme alla Sardegna, sono anche le regioni con il tasso di occupazione delle terapie intensive pari al 5% in avvicinamento alla soglia del 10% prevista dai nuovi parametri che determinano il passaggio delle regioni da una fascia all’altra. È questo un primo effetto dei contagi sulle ospedalizzazioni, «un aumento era atteso ma non per questo è meno preoccupante», commenta Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive (Simit). Tanto più che i numeri giornalieri mostrano un aumento dei decessi, con 22 vittime in 24 ore, e un tasso di positività che corre sempre più veloce, arrivando al 3,5%. In base ai dati del Ministero della Salute, sono 3.117 i positivi ai test Covid individuati ieri ore su 88.247 i tamponi. Crescono anche di 1.979 unità in 24 ore gli attualmente positivi, che sono 68.236, e sono 182 i pazienti che hanno avuto bisogno di cure in terapia intensiva, 4 in più in un giorno nel saldo tra entrate e uscite. Mentre i ricoverati con sintomi nei reparti ospedalieri ordinari sono 1.512, in aumento di 120 rispetto a domenica. Proprio dagli ospedali, che finora avevano subito effetti dall’impennata dei contagi da Sars-Cov-2 degli ultimi giorni, arrivano i primissimi segnali di un lieve rialzo dei parametri che vanno strettamente monitorati. A rilevarlo è l’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Dopo settimane di calo e poi di stabilità, merito dell’accelerazione della campagna vaccinale, per la prima volta i dati di domenica mostrano un aumento dell’1% della percentuale di posti letto in reparto occupati da pazienti Covid che raggiunge infatti il 3%. In particolare Basilicata, Calabria, Campania e Sicilia, toccano rispettivamente il 4%, 6%, il 5% e il 7% mentre nessuna regione del Centro-Nord supera la media nazionale. Numeri che non raggiungono il valore del 15% che determina il cambio di colore per la regione in base ai parametri di recente ridefiniti, ma che non possono essere ignorati. Per quanto riguarda le terapie intensive occupate da pazienti Covid, la cui soglia d’allerta è stata di recente portata dal 30% al 10%, sono per ora stabili al 2% a livello nazionale. Ma anche qui sono due regioni del Sud, Sardegna e Sicilia, che vedono la maggiore crescita della percentuale di occupazione: entrambe sono arrivate al 5% in pochi giorni. «L'aumento delle ospedalizzazioni - precisa Andreoni, che dirige la UOC Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma - è un fenomeno statistico. I ricoveri, anche se grazie ai vaccini, sono in una percentuale sempre minore, vanno di pari passo con i contagi, perché non possiamo dimenticare che abbiamo oltre 2 milioni di over 60 non vaccinati e tanti soggetti immunodepressi su cui il vaccino dà una risposta minore». Lo stesso aumento di somministrazioni di anticorpi monoclonali, raddoppiato da 80 prescrizioni settimanali a 160, secondo i dati del 16mo Report dell’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa), «è strettamente legato alla numerosità di casi e rispecchia la circolazione del virus tra le persone fragili». Le regioni del Sud, aggiunge, «pagano uno scotto importante, anche perché è già iniziato l’esodo dei villeggianti e dunque è più facile si verifichino situazioni di affollamento. Basta guardare i focolai verificatisi nelle isole. Pesano diversi fattori, ma il significato è che bisogna mantenere alta l’attenzione anche in vacanza». L’aumento dell’impatto sugli ospedali, però rassicura Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, è comunque fortemente stemperato dall’effetto protettivo dei vaccini. «Nelle ondate precedenti, - spiega - a parità di casi, avremmo avuto il doppio di persone ricoverate e in terapia intensiva». Nella seconda e nella terza ondata per ogni mille pazienti positivi avevamo il 5% che veniva ricoverato in ospedale e lo 0,5% che andava in terapia intensiva. «Oggi - conclude Cartabellotta - la percentuale dei ricoverati si è ridotta al 2%, quella di chi va in terapia intensiva si è ridotta allo 0,27%».