Terza dose, si o no? Gli operatori sanitari, specie quelli a più a contatto con i pazienti come gli infermieri, tra i primi ad essere vaccinati contro il Covid, temono che la copertura vaccinale si stia avvicinando alla scadenza e chiedono con forza la terza dose. Ma gli enti regolatori e gli scienziati frenano: è troppo presto per dire con certezza che gli anticorpi sviluppati con la malattia o in seguito alla somministrazione dell’immunizzante e la memoria immunitaria a livello cellulare scompaiano dopo solo un anno.
Le autorità sanitarie statunitensi, i Centers for Disease Control and Prevention e la Food and Drug Administration, hanno risposto ufficialmente ai dubbi: gli americani che hanno già ricevuto due dosi non devono sottoporsi ad una terza somministrazione, nonostante il diffondersi delle nuove varianti. Stessa posizione dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) secondo la quale al momento "è troppo presto per confermare se e quando sarà necessaria una dose di richiamo per i vaccini Covid-19, perché non ci sono ancora abbastanza dati dalle campagne di immunizzazione e dagli studi in corso per capire quanto durerà la protezione dai vaccini".
E anche dall’Oms arriva una precisazione sullo stesso tenore: "Non sappiamo se saranno necessari vaccini di richiamo per mantenere la protezione contro Covid-19 fino a quando non verranno raccolti ulteriori dati". In ogni caso, le aziende farmaceutiche sono andate avanti con la sperimentazione clinica. Pfizer e BioNtech hanno annunciato che nelle prossime settimane chiederanno alle autorità regolatorie di Usa e Ue l'autorizzazione per la terza dose. Insomma, se dovesse rendersi necessaria, sarà a disposizione dei Paesi che l’autorizzeranno. Per il momento, la reale necessità non è per nulla sicura.
"La terza dose è nelle cose ma non sappiamo ancora quando", ha detto il direttore della prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza durante la conferenza stampa sul monitoraggio settimanale dei dati Covid, spiegando che servono più dati. "Sappiamo che l’effetto del vaccino sono anticorpi che durano 8-9 mesi ma serve monitorare l’effetto delle varianti. In ogni caso non è detto che servirà vaccinare ogni anno e comunque si partirà dai più fragili".
"Avere una risposta anticorpale, da 5 a 10 volte più alta con una eventuale terza dose rispetto alle due dosi di vaccino previste, non è detto che serva" ha spiegato Luca Pani, ex direttore generale dell’Aifa e membro dell’Ema e attuale professore di farmacologia all’università di Boca Raton in Florida. "Le persone non si devono preoccupare della terza dose, ma solo di vaccinarsi, senza correre a fare test anticorpali seguendo l’aneddotica da bar dell’ospedale che non ha alcun fondamento scientifico".
Altro tema che sta emergendo riguarda la scadenza del Green Pass che decade dopo sei mesi per chi ha avuto il Covid, un anno dalla seconda dose vaccinale, ma da Bruxelles il tema non sembra ancora essere in agenda per una eventuale modifica. Intanto buone notizie arrivano dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sulla cosiddetta vaccinazione eterologa: anche se ancora i numeri a disposizione sull'utilizzo di un vaccino per il richiamo diverso da quello fatto con la prima dose non sono altissimi e sono stati raccolti solo da poche settimane, risulta che gli eventi avversi con l’eterologa sono minori rispetto a quella omologa. In tema di eventi avversi, da uno studio sul vaccino russo Sputnik V realizzato dall’Istituto per la sicurezza sociale della Repubblica di San Marino con l’Università di Bologna è emerso che porta ad effetti collaterali in larga parte lievi o moderati e non ha causato alcun decesso o ricovero. Per quanto riguarda il vaccino cinese CoronaVac, i dati preliminari della fase 3 della sperimentazione dicono che dopo due dosi offre una protezione dell’83,5% contro i sintomi dell’infezione. ANSA
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