Non ci saranno altre scarcerazioni. Dopo Giovanni Brusca, tornato in libertà per fine pena, nessun altro boss o pentito di elevata caratura criminale sembra destinato a lasciare presto il carcere. Tutti i grandi nomi di Cosa nostra, con l'eccezione del superlatitante Matteo Messina Denaro, stanno scontando l'ergastolo ostativo al regime del 41 bis in virtù di sentenze definitive. È il caso dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, mandanti delle stragi del 1992 e del 1993 e dell'uccisione di don Pino Puglisi; del boss catanese Nitto Santapaola e del nipote Aldo Ercolano; di Nino Madonia. Altri boss, che erano riusciti a tornare in libertà per l'emergenza Covid - tra cui Giuseppe Sansone e Francesco Bonura - sono stati riportati in cella con il decreto del ministro della giustizia emesso dopo le polemiche dell'anno scorso. Tra i collaboratori più in vista non tornerà in libertà neppure Gaspare Spatuzza, che pure viene considerato uno dei pentiti più affidabili per avere fatto crollare il grande depistaggio della strage di via D'Amelio e per avere svelato i segreti della eliminazione di don Pino Puglisi. Spatuzza ha anche confessato una quarantina di omicidi e il coinvolgimento nel sequestro e nella crudele uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo sciolto nell'acido. Il caso Spatuzza rientra certamente tra quelli previsti dalla legge sui pentiti che aveva voluto lo stesso Giovanni Falcone, come ha ricordato la sorella Maria. Ma la posizione giudiziaria di Spatuzza non è ancora definita e inoltre sta scontando l'ergastolo con sentenza definitiva. Non potrà quindi ottenere, allo stato, la scarcerazione: questione che si porrà solo quando Spatuzza avrà chiuso i conti ancora aperti con la giustizia. Più che la scarcerazione per fine pena è un altro il terreno sul quale i boss tentano in questa fase di giocare la partita più importante. L'obiettivo è il depotenziamento della pena attraverso l'abolizione dell'ergastolo ostativo e l'attenuazione del regime detentivo del 41 bis, due istituti messi in discussione dalle sentenze della Consulta e della Corte europea dei diritti umani. I boss hanno tentato anche la strada di una "dissociazione" senza collaborazione, un tema che si è cercato di inserire in una sorta di "trattativa" con lo Stato. Lo stesso Filippo Graviano si era detto disposto a dissociarsi da Cosa nostra e aveva chiesto di usufruire di un permesso premio. Ma non è andato oltre un'apertura subito rientrata.