Streaming illegali, oscurati un milione e mezzo di abbonamenti: anche a Catania, Messina e Palermo
Maxi operazione della Polizia postale contro lo streaming illegale. Oscurati 1.500.000 utenti con abbonamenti illegali e azzerato l’80% del flusso illegale delle IP TV in Italia. Quarantacinque persone sono state indagate per associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistema informatico, frode informatica e riproduzione e diffusione a mezzo internet di opere dell’ingegno. Un giro di affari illegale per milioni di euro in danno di Sky, DAZN, Mediaset, Netflix e altri. I provvedimenti sono stati eseguiti in diverse città italiane e sono stati impiegati nell’operazione più di 200 specialisti provenienti da 11 Compartimenti regionali della Polizia Postale (Catania, Palermo, Reggio Calabria, Bari, Napoli, Ancona, Roma, Cagliari, Milano, Firenze, Venezia) che operando sul territorio di 18 province, hanno smantellato la complessa infrastruttura criminale, sia sotto il profilo organizzativo che tecnologico. L’operazione è stata condotta dalla Polizia postale di Catania, l’indagine è stata coordinata dalla Procura distrettuale di Catania e ha consentito di individuare le sorgenti dalle quali viene distribuito il segnale piratato. Agli indagati è contestato il delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione dei delitti di accesso abusivo a sistema informatico protetto da misure di sicurezza, frode informatica aggravata dall’ingente danno arrecato e abusiva riproduzione e diffusione a mezzo Internet di opere protette dal diritto di autore e opere dell’ingegno. Una importante «centrale» è stata individuata nella città di Messina, la sua disattivazione e sequestro ha fatto rilevare che essa gestiva circa l’80% del flusso illegale IPTV in Italia. Lo streaming illegale delle tv, utilizzato da 1,5 milioni di utenti e scoperto dall’operazione 'Black out' della polizia postale di Catania, fruttava alla criminalità circa 15 mln di euro al mese, risultato di un pagamento mensile da parte dell’utente di sole 10 euro. Lo schema criminale, spiegano gli investigatori, era piramidale, e vi contribuivano diverse persone sconosciute gli agli altri ma in «sinergia». I contenuti protetti da copyright venivano dapprima acquistati lecitamente, come segnale digitale, dai vertici dell’organizzazione (le «Sorgenti") e successivamente trasformati in dati informatici e convogliati in flussi audio/video, trasmessi attraverso una rete capillare di rivenditori ed utenti finali, dotati di connessione internet domestica ed apparecchiature idonee alla ricezione, come l’ormai noto «Pezzotto». La vendita era pubblicizzata su Telegram, e su vari social network e in diversi siti di bot, canali, gruppi, account, forum, blog e profili, ai quali gli investigatori sono arrivati attraverso analisi informatiche, documentali, riscontri bancari e servizi di osservazione ed appostamento. Nel corso delle perquisizioni è stato sequestrato numeroso materiale informatico nonché i server ed i dispositivi illegali utilizzati per le connessioni e le attività di diffusione dello streaming. Nelle abitazioni di alcuni degli indagati è stato sequestrato denaro in contante per decine di migliaia di euro ritenuto provento dell’attività illecita.