Mentre quattordici regioni conquistano la zona gialla, la Sicilia resta in arancione macchiata da 56 comuni in rosso: otto sono in provincia di Catania, sei nel Nisseno e nell’Agrigentino, cinque nell’Ennese, quattro in provincia di Siracusa e altrettante nel Messinese. I restanti 23 comuni in lockdown sono nel Palermitano, capoluogo compreso.
E intanto dalle imprese in ginocchio arrivano nuove proteste. "Amarezza e rabbia, la conferma della zona rossa nella città di Palermo è un nuovo colpo mortale per l'economia del capoluogo", si legge in una nota di Assoimpresa. "È emergenza economica e sociale a Palermo - dichiara il presidente Mario Attinasi - il rimbalzo di responsabilità tra Musumeci e Orlando, i dati erroneamente comunicati o recepiti e l'aumento dei contagi, hanno prodotto di fatto la zona rossa permanente a Palermo, nonostante la chiusura di alcuni settori economici. Le circostanze dimostrano che nonostante la chiusura di ristoranti, bar, parruccheri e negozi di abbigliamento, il livello di contagio non è diminuito, quindi non si capisce perché bisogna tenere chiuse queste attività commerciali".
Assoimpresa ha chiesto un incontro urgente a Musumeci, al sindaco e al prefetto "per trovare delle soluzioni immediate".
Il flash mob a Punta secca
A Punta Secca, nel cuore dei luoghi di Montalbano in provincia di Ragusa, circa duecento ristoratori hanno partecipato al flash mob per chiedere la riapertura dei locali in Sicilia. La protesta è andata in scena anche davanti all'abitazione del "Commissario Montalbano", resa famosa dalla serie Tv di Raiuno.
Durante la manifestazione si è formato anche un corteo dietro una bara, simbolo, per i manifestanti, "della morte delle partita Iva".
"Abbiamo scelto i luoghi di Montalbano perché hanno un forte contenuto simbolico - spiega Giuseppe Fiaccavento, responsabile dei ristoratori di Santa Croce Camerina - e non ci fermiamo: vogliamo incontrare a Palermo il presidente della Regione, Nello Musumeci. Chiediamo che il governo dell'isola si faccia carico delle difficoltà atroci di un settore che è trainante per l'economia dell'isola e che sta pagando un prezzo più alto degli altri".
"No al coprifuoco"
Ad aggravare lo stato di crisi anche l'orario del coprifuoco, contro cui protesta Confcommercio, che insieme con Fipe Sicilia promuove l'iniziativa dal nome "volutamente provocatorio" 'A fuoco il coprifuoco'. L'obiettivo è "dire basta a una scelta che comprime gli orari, con la previsione di fare chiudere i pubblici esercizi alle 22 in piena estate, favorendo comportamenti disordinati e opposti".
Il presidente regionale di Confcommercio Sicilia Gianluca Manenti annuncia l'avvio in Sicilia di "una raccolta firme su Change.org tra i nostri associati" che metterà "a disposizione della nostra confederazione a livello nazionale per esprimere tutto il dissenso verso questa decisione che continua a penalizzarci in maniera forte".
Per il presidente di Fipe Sicilia, Dario Pistorio, la categoria "continua a pagare per colpe non nostre" ed "è esausta". "Il settore dei pubblici esercizi - aggiunge - sta perdendo attività, costrette alla chiusura definitiva, e posti di lavoro. I danni economici sono ingentissimi. E tutto ciò determina un effetto a catena che procura un disagio sociale che diventerà sempre più difficile da sanare. Le scelte di quest'ultimo decreto sembrano punitive rispetto a quelle adottate in momenti più critici dal punto di vista sanitario. La Fipe ha sempre proposto gradualità e regole certe. Infatti, pur applicando rigorosi protocolli di sicurezza e garantendo il solo servizio al tavolo, oggi si ritiene che il problema sia l'utilizzo degli spazi interni. Tutto incomprensibile e, soprattutto, insostenibile per le nostre imprese".
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