Coronavirus, Crisanti: "No al lockdown. Tutti immunizzati in tre mesi? Meglio non fare promesse"
«Penso che il provvedimento sul tavolo del Cts», che si riunisce oggi per indicare nuove misure restrittive, «vada sicuramente nella direzione giusta: cercare di spegnere la trasmissione» del coronavirus «e cercare di vaccinare più persone possibili». Lo ha detto ad Agorà Andrea Crisanti, microbiologo dell’università di Padova ad Agorà. Ma «è improponibile - ha proseguito - un lockdown che poi si ripropone con un terzo lockdown e poi un quarto. Io penso ci voglia un piano chiaro e preciso che sia l’ultimo, e per fare sì che sia l’ultimo non basta solo il lockdown e non bastano solo i vaccini, ma serve un piano nazionale finanziato per il monitoraggio delle varianti e bisogna potenziare il sistema di sorveglianza con tamponi». «L'agenda quest’anno l’ha dettata il virus - ha aggiunto - indipendentemente dai governi, se ogni vita conta le misure a disposizione sono poche e sono sempre quelle, mascherine, distanziamento e ora abbiamo anche l’arma formidabile del vaccino. La novità è la variante inglese che ha una capacità di trasmissione estremamente elevata e poi c'è la minaccia di queste varianti potenzialmente resistenti al vaccino». E quindi, per Crisanti, «ci deve essere tolleranza zero laddove si manifestano e se c'è un focolaio bisogna chiudere tutto stile Codogno». «Come ha detto Draghi bisogna promettere quello che si può fare. Non bisogna dare aspettative alle persone e dire che in 3 mesi vacciniamo 50-60 milioni di persone...», afferma Crisanti, rispondendo alla domanda se sia realistico l’obiettivo di arrivare a vaccinare 60 milioni di persone entro fine giugno quando oggi la soglia raggiunta è di 5 milioni. «Vediamo - ha spiegato Crisanti - quello che hanno fatto gli altri. In Inghilterra hanno immunizzato 20 milioni di persone in 6 mesi e mezzo: ecco, io mi accontenterei se riuscissimo ad arrivare a quel risultato. L’Inghilterra - ha sottolineato - ha mobilitato tutto quello che poteva mobilitare, medici di base, infermieri, pediatri, esercito e questo ci dà la misura di quello che è possibile fare».