Le varianti Covid sono un'incognita per i test antigenici rapidi che servono a rilevare la positività al virus SarsCov2. Almeno fino ad ora sembrerebbero funzionare, ma è necessario monitorare perchè le mutazioni del virus potrebbero comunque comprometterne l'efficacia. L'allerta è contenuta in una nuova circolare del ministero della Salute e arriva proprio quando negli Stati Uniti si affacciano sette nuove possibili varianti fino ad ora sconosciute. Le più diffuse sono, ad oggi, le cosiddette varianti Uk, brasiliana e sudafricana. Tali varianti, "che presentano diverse mutazioni nella proteina spike - sottolinea la circolare ministeriale 'Aggiornamento sull'uso dei test antigenici e molecolari per la rilevazione di SARS-CoV-2' - non dovrebbero in teoria causare problemi ai test antigenici, in quanto questi rilevano la proteina N". Tuttavia, avverte il ministero, "è da tenere presente che anche per la proteina N stanno emergendo mutazioni che devono essere attentamente monitorate per valutare la possibile influenza sui test antigenici che la usino come bersaglio". Dalla circolare arriva pure un'ulteriore indicazione: "Pur considerando l'elevata specificità dei test antigenici, i campioni positivi a tali test in contesti a bassa prevalenza necessitano di conferma con un test molecolare o, in caso di mancata disponibilità di molecolari, con un test antigenico differente, per eliminare la possibilità di risultati falsi positivi". Inoltre, data la sensibilità analitica "non ottimale di diversi test antigenici attualmente disponibili, è consigliabile - si legge nella - confermare la negatività di test antigenici eseguiti su pazienti sintomatici o con link epidemiologico con casi confermati di Covid-19". Questa necessità è rafforzata appunto dalla possibile circolazione di varianti virali con mutazioni a carico della proteina N, che è il principale antigene target utilizzato in questo tipo di test. In caso di mancata disponibilità di test molecolari o in condizioni d'urgenza, per la conferma si può ricorrere a test antigenici diversi quali i test antigenici non rapidi (di laboratorio), test antigenici rapidi con lettura in fluorescenza e quelli basati su microfluidica con lettura in fluorescenza, che rispondano alle caratteristiche di sensibilità e specificità minime indicate. La discussione sulle varianti, sottolinea Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, "si allarga dunque ora non solo all'efficacia dei vaccini ma anche dei test che usiamo per fare la diagnosi di infezione. E anche se i dati indicano che al momento i test antigenici rapidi sarebbero validi pure in presenza di varianti, la parola chiave è appunto 'monitorare'". A tal fine, rileva, "fondamentale è rafforzare la rete di laboratori che in Italia è impegnata nel sequenziamento del virus, proprio per scoprire le varianti al loro primo manifestarsi, ma anche fare dei monitoraggi periodici sul territorio come quelli avviati dall'Istituto superiore di sanità". Intanto, nuove mutazioni sembrano avere avuto origine anche negli Stati Uniti, dove ricercatori stanno indagando la possibilità che vi siano fino a sette nuove varianti originate appunto negli Usa e che presentano un maggiore livello di contagiosità. Ne scrive il New York Times citando uno studio in cui si fa riferimento a sette crescenti derivazioni del coronavirus individuate in diversi Stati. In comune hanno tutte la mutazione in una specifica area genetica.