Il 6 gennaio 1980 a Palermo veniva ucciso Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana e fratello dell'attuale capo dello Stato Sergio. Sono trascorsi 41 anni da uno dei delitti che ha segnato per sempre quella parte di Sicilia "con le carte in regola".
Piersanti Mattarella venne ucciso a colpi di pistola davanti alla sua abitazione di via Libertà. L'allora presidente della Regione, l'allievo prediletto di Aldo Moro in Sicilia, era appena salito a bordo della sua Fiat 132 per andare a Messa, insieme alla suocera, alla moglie Irma Chiazzese e ai figli Maria e Bernardo. Niente scorta: il presidente la rifiutava nei giorni festivi, voleva che anche gli agenti stessero con le loro famiglie. Si era appena messo al volante, quando si avvicinarono i killer che spararono una serie di colpi.
Tra i primi a soccorrerlo ci fu il fratello Sergio, attuale presidente della Repubblica, che lo prese tra le sue braccia. Il 24 maggio di quell'anno avrebbe compiuto appena 45 anni.
La mafia e la spirale terroristica avevano abbattuto la speranza politica più autorevole dell’Isola. Il caso fu da subito condizionato da una intensa opera di depistaggio. Il presidente della Regione aveva avviato una decisa politica riformatrice per ricostruire il tessuto economico, sociale, culturale dell’Isola.
Nella primavera del 1975 su suo impulso, da assessore al Bilancio, venne approvato a larghissima maggioranza, anche con i voti del Pci, il Piano regionale d’interventi per gli anni 1975-1980, primo tentativo di programmazione a lungo termine delle risorse regionali. Un passaggio che diede forma e sostanza al dialogo a sinistra. Una "solidarietà autonomistica", che anticipava la solidarietà nazionale di Moro e di Enrico Berlinguer del 1976.
Il 9 febbraio 1978 Piersanti Mattarella fu eletto dall’Assemblea presidente della Regione siciliana, alla guida di una coalizione di centrosinistra con l’appoggio esterno del Partito comunista italiano. Le riforme sul fronte degli appalti e dell’urbanistica compresse gli spazi della speculazione edilizia e degli interessi di mafiosi e palazzinari. Da tempo si era reso conto della necessità di recidere con urgenza e nettamente i legami della politica e del suo partito con la mafia. Una visione complessiva, un’operazione di pulizia della Dc e un progetto di buon governo che minacciavano gli interessi della mafia e di consolidati centri di potere politico ed economico.
Con quel delitto, così, l’Isola piombò nuovamente nel suo inferno, in un destino che appariva sempre più segnato, senza scampo né redenzione possibile. Questa stessa zona della città, quella attorno a via Libertà, cuore urbano del capoluogo, era diventata il crocevia del terrore mafioso: lì vicino, in via Di Blasi, il 21 luglio del '79, era stato ucciso il capo della Mobile Boris Giuliano. Una scia di sangue, iniziata quell'anno, il 26 gennaio, con l’uccisione del giornalista Mario Francese. Il successivo 9 marzo era stata la volta del segretario provinciale della Dc, Michele Reina. Il 25 settembre del '79 furono ammazzati il giudice Cesare Terranova e il maresciallo Lenin Mancuso.
La vicenda giudiziaria è stata lunga e complessa. E non definitiva. Come mandanti sono stati condannati all’ergastolo i boss della commissione di Cosa nostra (Totò Riina e Michele Greco su tutti, con gli altri esponenti della cupola: Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci). L’inchiesta, però, non è riuscita a identificare nè i sicari nè i presunti mandanti esterni.
Nel 2018 la procura di Palermo ha riaperto l’inchiesta sull'omicidio: nuovi accertamenti considerati doverosi, anche attraverso complesse comparazioni fra reperti balistici, per quanto siano resi complicati dal lungo tempo trascorso e dalle sentenze passate in giudicato.
Nel mirino ancora una volta i Nar, i Nuclei armati rivoluzionari, il cui capo, il terrorista nero Giusva Fioravanti, riconosciuto dalla vedova di Piersanti Mattarella, Irma Chiazzese, fu processato e definitivamente assolto dall’accusa di essere stato il killer. Uno dei reperti del processo celebrato a Palermo, la targa di un’auto del commando, sarebbe stata divisa in due dagli autori del furto e una parte fu poi ritrovata in un covo dell’organizzazione terroristica neofascista.
Dal punto di vista processuale, peraltro, la collaborazione tra "neri" e mafiosi, in vari fatti e azioni criminali, basata su un presunto scambio di favori tra mafia e terrorismo di estrema destra, era già stata più volte sostenuta, ad esempio per la strage del dicembre 1984 del Rapido 904. C'è poi il capitolo sulle armi che uccisero Piersanti Mattarella e il giudice antiterrorismo Mario Amato; sono dello stesso tipo, una Colt Cobra calibro 38 Special, ma non c'è alcuna certezza sulla loro identità: non si può dire cioè che il presidente della Regione Sicilia e il giudice, assassinati rispettivamente a Palermo e a Roma, nell’arco di poco meno di sei mesi, nel 1980, siano stati uccisi con la stessa pistola. Si tratta, allo stato, di un’ipotesi ritenuta «suggestiva», ma sulla quale non ci sarebbero ancora i necessari riscontri tecnici.
Giovanni Falcone il 3 novembre 1988 in una audizione in Antimafia definì l’indagine "estremamente complessa", dal momento che "si tratta di capire se e in quale misura la pista nera sia alternativa rispetto a quella mafiosa, oppure si compenetri con quella mafiosa, nell’ambito di un presunto scambio di favori tra mafia e terrorismo di estrema destra. Nel più recente atto d’accusa della procura generale di Palermo sui presunti assassini dell’agente Nino Agostino sono finite anche le indagini condotte dalla Dda da cui sono emersi rapporti di Agostino, cacciatore di latitanti, con il magistrato ucciso nella strage di Capaci nella fase in cui questi stava conducendo investigazioni delicatissime sulla 'pista nera'. Nero, di certo, oscuro, fitto, resta ancora il mistero su un delitto voluto e progettato - su questo nessun dubbio - da «menti raffinatissime".
I 41 anni dal delitto Mattarella: gli eventi in programma
Anche quest'anno la "sua" Castellammare del Golfo ricorda Piersanti Mattarella, il presidente della Regione siciliana dalle «carte in regola». Città in cui nacque nel 1935. Nel rispetto delle misure di contenimento previste per il Covid-19, una brevissima e sobria cerimonia al cimitero comunale, non aperta al pubblico.
Piersanti Mattarella è stato ricordato anche a Palermo. Alle 9, si è tenuta una commemorazione in via Libertà, sul luogo dell’omicidio.
Da oggi in prima visione su Sky Cinema Due, distribuito da Cine1 Italia, "Il Delitto Mattarella" per la regia di Aurelio Grimaldi, co-prodotto da Cine 1 Italia e Arancia Cinema e in qualità d’investitore esterno dalla società Edilizia Acrobatica SpA, con il supporto della Sicilia Film Commission e Sensi Contemporanei.
Nel cast Antonio Alverario, Claudio Castrogiovanni, Nicasio Catanese, David Coco, Vincenzo Crivello, Francesco Di Leva, Donatella Finocchiaro, Lollo Franco, Sergio Friscia, Ivan Giambirtone, Leo Gullotta, Guia Jelo, Francesco La Mantia, Vittorio Magazzù, Tuccio Musumeci, Tony Sperandeo e Andrea Tidona.
Un vero e proprio tributo alla memoria di Piersanti Mattarella da parte degli attori siciliani coinvolti nel progetto che si avvale, a sua volta, di una troupe interamente siciliana.
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