Coronavirus, gli anestesisti: "I casi in terapia intensiva non sono meno gravi di marzo e aprile"
La curva epidemica si sta alzando e così anche il numero di persone ricoverate per Covid in terapia intensiva, tanto che nelle ultime 24 ore sono 133 i ricoverati in rianimazione, 12 in più del giorno precedente. E i malati di Covid-19 che vengono ricoverati in questi reparti «non sono meno gravi di quelli arrivati a marzo o aprile». A tracciare il quadro, invitando alla massima attenzione, è Alessandro Vergallo, presidente nazionale di Aaroi-Emac (Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani). «Non ci convince quanto detto da alcuni in questi mesi, e cioè che il virus sia diventato meno aggressivo. La curva epidemica sta risalendo, così come i casi in terapia intensiva, che hanno un’età media più bassa. Per fortuna siamo lontani dal livello di allarme rosso dei mesi di marzo e aprile, grazie al contenimento sociale», sottolinea Vergallo. Come anestesisti, "non siamo serenissimi sull'impatto di una eventuale seconda ondata di Covid-19, ma ci sono diversi fattori che ci mettono in condizioni di minore criticità per affrontarla, quali la capacità ora di riuscire a fare una diagnosi più precoce, una maggiore conoscenza su dove colpisce il virus e sulle strategie terapeutiche da adottare. Ci dà fiducia anche il fatto che nelle regioni più colpite le terapie intensive abbiano retto». Saranno senz'altro d’aiuto i circa 1000-1500 specializzandi anestesisti reclutati in questi mesi, i cui «contratti a tempo determinato stanno ora venendo prolungati - conclude Vergallo - e che si aggiungono ai 18.000 anestesisti specialisti che lavorano negli ospedali pubblici e privati italiani». La situazione richiede la massima attenzione anche secondo Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali (Simit) e ordinario di Malattie Infettive all’Università di Roma Tor Vergata. In questi giorni, spiega, «stiamo vedendo più casi ospedalizzati e in terapia intensiva, e molti presentano la stessa gravità dei casi registrati nella prima fase epidemica, anche se i numeri non sono così alti». I numeri più contenuti, chiarisce, «si spiegano con il fatto che i soggetti che risultano positivi sono in questa fase più giovani e molto spesso sono asintomatici». Ma ciò non deve indurre ad una sottovalutazione dei rischi: «Per i soggetti più fragili e gli anziani - avverte infatti l'infettivologo - il quadro è lo stesso». In altri termini, chiarisce, «il virus, quanto a gravità e virulenza, non si è modificato. E’ invece modificato l’aspetto epidemiologico, perchè ora sono più colpiti anche i giovani e vari sono, tra questi, i ricoverati in terapia intensiva pure in questa fase». D’altronde, aggiunge, «non c'è mai stata alcuna certezza che il SarCov2 colpisse solo soggetti fragili o anziani». Il trend di casi degli ultimi giorni preoccupa dunque l’esperto, che invita a non abbassare la soglia di attenzione. Il maggior numero di ricoveri in terapia intensiva, afferma, «ci deve allertare perchè evidenzia che l’epidemia si sta allargando, riprendendo vigore dopo i focolai vacanzieri». E la situazione è probabilmente destinata a peggiorare con la riapertura delle scuole il 14 settembre: «E' probabili che si registri un peggioramento nel trend dei casi, anche se non penso - precisa Andreoni .- che torneremo ai livelli e alle condizioni di criticità dello scorso marzo e aprile. Ora, infatti, abbiamo capito come reagire per contenere il virus». Tuttavia, «i presupposti per ritornare ad una situazione comunque grave purtroppo ci sono tutti e per questo dobbiamo stare molto attenti». Da qui un appello, che l’esperto lancia ai giovani: "E' fondamentale la responsabilità dei più giovani ed il rispetto da parte loro delle norme, dall’utilizzo delle mascherine al distanziamento sociale al lavaggio delle mani, soprattutto in vista dell’avvio del nuovo anno scolastico. Devono essere loro - conclude - i primi 'guardianì contro il virus».