Si guarisce meno e si finisce di più in terapia intensiva, ma anche in Sicilia, come nel resto d'Italia, nonostante la risalita dei contagi di Covid-19, è tutta un'altra epidemia di coronavirus rispetto ai mesi precedenti.
Per questo è fondamentale fare attenzione a paragonare i contagi di oggi a quelli di marzo e anche di maggio, e dunque bisogna saper leggere i numeri con estrema attenzione anche per non terrorizzarsi più del dovuto. Perchè - sacrosante le precauzioni, giustissimi tutti gli appelli al distanziamento, alla mascherina e all’igiene - ma per superare le tempeste e abituarsi ad una nuova realtà serve anche lucidità.
Attualmente in Sicilia ci sono 980 positivi di cui 59 ricoverati in ospedale (+6), 10 in terapia intensiva e 911 in isolamento domiciliare. Una situazione simile a quella del 31 maggio: i positivi erano 986, 72 i ricoverati, 7 in terapia intensiva e 914 in isolamento domiciliare. Era però il periodo immediatamente successivo al durissimo lockdown e quelli erano dei “casi in discesa”, quando la curva si stava appiattendo, mentre ad agosto ci troviamo in una fase di risalita e di "liberi tutti" già da un bel po'. E nemmeno ci si avvicina, per fortuna, a quei terrificanti numeri dell'inizio dell'incubo.
Per capirci: il 26 marzo, quando in Sicilia c’erano poco più di 1000 positivi (dunque un numero vicino a quello attuale), i ricoverati erano ben 414, con 68 persone in terapia intensiva.
Perché questa differenza così incredibile? Prima di tutto, oggi si testano tipologie di persone diverse. L’Oms, nella sua gestione della pandemia, aveva infatti detto che bisognava testare solo quelle "con sintomi". In quelle drammatiche settimane non si testavano ancora in maniera diffusa i contatti dei positivi nei posti di lavoro, e in generale le autorità sanitarie locali stavano solo cominciando a reclutare personale da destinare al tracciamento dei contatti dei positivi. Oggi tutta questa parte funziona molto meglio, sia per la migliore organizzazione dell’intero sistema, sia per la minore pressione sul sistema sanitario, e soprattutto finalmente si è iniziato a testare gli asintomatici.
La Sicilia, come l’Italia, è diventata brava ad intercettare il virus, a trovare i positivi. Giovani, in stragrande maggioranza, e qui si arriva all'altra sostanziale differenza: oggi chi si becca il Covid-19 è prevalentemente under 30, e benchè il coronavirus ha dimostrato di poter far danni anche in organismi giovani, è veramente più difficile.
Proprio per questo, come ha scritto su Twitter, Matteo Villa, ricercatore dell’ISPI, “un nuovo caso oggi è undici volte meno preoccupante di un nuovo caso a marzo”. Se prima la “letalità apparente” era superiore al 14 per cento, oggi è all’incirca l’1,4 per cento. Certo, l’Isola potrebbe far meglio: i tamponi effettuati sono ancora troppo pochi rispetto alle Regioni più “avanzate”, ma la situazione è comunque sotto controllo.
Rimane il fatto che la Sicilia però, in questo momento, ha un problema di “terapia intensive”. Se togliamo la provincia di Trento, ci si ritrova in assoluto con la peggior percentuale tra ricoverati e ricoverati gravi: circa il 16% finisce in intensiva, contro ad esempio l’8% della Lombardia. A luglio, nell’Isola, c’erano zero ricoverati gravi, ora 10, e c’era da aspettarselo con l’aumento dei contagi. Tante le ipotesi: età delle persone colpite, eccessivo “zelo” di alcuni ospedali (tanto che i decessi sono cresciuti di 3 unità in quasi due mesi), aumento della popolazione a causa dei fuorisede e dei turisti. Nessuna evidenza però che il coronavirus, in Sicilia, sia più cattivo, insomma. Anzi.
Questo si va ad aggiungere all’altro grande mistero dell’epidemia di coronavirus nell’Isola, ovvero quello delle guarigioni col contagocce: la Sicilia infatti ha il più basso rapporto di guariti/dimessi rispetto ai positivi. Il 70,3% contro la media nazionale del 90,6%.
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