La mafia considerava le Madonie un territorio sotto il dominio incontrastato delle cosche. Ma stavolta il gruppo storico del clan Farinella, intercettato dai carabinieri, ha fatto male i conti. Gli imprenditori vessati si sono opposti al racket e hanno dato un contributo decisivo al blitz ordinato dalla Dda di Palermo. Sono almeno quattro i casi di ribellione aperta. E tra questi c'è anche Francesco Lena, architetto, operatore della ricettività turistica e titolare dell’azienda vinicola Abbazia Santa Anastasia tra Castelbuono e Cefalù che comprende anche un resort. Non solo: tra gli indagati ci sarebbe anche un agente di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Voghera sarebbe stato «a disposizione» del boss di San Mauro Castelverde, Domenico Farinella.
La storia di Lena è passata attraverso una serie di lunghe e travagliate vicissitudini giudiziarie che si sono concluse per lui con l’assoluzione dall’accusa di essere un prestanome dei boss Bernardo Provenzano, Salvatore Lo Piccolo e Antonino Rotolo. Gli sono stati anche restituiti i beni sequestrati. Dalle indagini sul caso del giudice Silvana Saguto, ex presidente delle misure di prevenzione antimafia, è emerso che si stava cercando di avviare la gestione della società di Lena verso un fallimento pilotato.
Lena era stato anche arrestato nel 2008. Ma nel 2018 è stato definitivamente assolto. Anche la sezione misure di prevenzione alla fine ha avanzato dubbi sulla impostazione delle accuse e ha scritto che «non si capisce in cosa sia consistito lo scambio di favori» tra Lena e i boss. Con lui sono stati assolti altri due imprenditori, Vincenzo Rizzacasa e Salvatore Sbeglia, pure accusati di essere prestanome di Cosa nostra.
L’azienda dell’imprenditore era stata presa di mira dalla mafia di San Mauro Castelverde tornata a imporre il pizzo sulle attività economiche più cospicue. Ma Lena ha reagito e avrebbe deciso di rialzare la testa collaborando con gli investigatori. «Le denunce - ha detto il comandante del gruppo carabinieri di Palermo, generale Antonio Guarino - sono un segnale importante: arrivano da operatori che si ribellano alla mafia e al suo tentativo di riprendere il dominio sul territorio».
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