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Coronavirus, il virologo Crisanti: "Per l'Italia il ritorno dei contagi da fuori è una certezza"

Andrea Crisanti

Sono ancora molti i dubbi che aleggiano attorno al coronavirus. La gestione della pandemia, la ripresa delle attività, il numero dei contagi sono solamente alcuni degli argomenti che fanno discutere. Il virologo Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Medicina molecolare e virologica dell'Università di Padova, in un intervento ad Agorà su Rai 3, esprime le sue perplessità.

Rispetto alle affermazioni che le mascherine non serviranno più da fine giugno "mi auguro Zangrillo abbia ragione, ma la dinamica dell'epidemia nel mondo non ci lascia ben sperare",a precisato Andrea Crisanti.

"In una situazione di cui non conosciamo gli elementi, si discute su mutazione, virulenza, casi importati e vediamo la diffusione nel mondo che aumenta - ha detto il virologo - secondo me dovrebbero adottare un principio di precauzione. È il primo anno che affrontiamo questa epidemia, è difficile fare previsioni".

Su quanto sia importante l'approccio tenuto dalle diverse regioni "sono i numeri a parlare: in Veneto e Lombardia siamo partiti con quasi lo stesso numero di casi, la differenza è che per una settimana, mentre noi isolavamo capillarmente tutti i casi positivi, in Lombardia pensavano a far ripartire Milano". Quanto al Lazio, il fatto che vi sia un minor numero di persone in terapie intensive e ricoverati rispetto a altre regioni, può dipendere da "un approccio sanitario diverso": "nel Lazio si è stati in grado di identificare e fare tamponi", inoltre può contare "la decisione di ospedalizzare le persone positive: in altre regioni persone con sintomi poco gravi venivano lasciate a casa".

Intanto sconcerta il cambio di strategia dell'Oms su tamponi. "Sicuramente è un altro elemento di confusione" e "tutti questi messaggi che mancano di coerenza lasciano voi giornalisti, ma anche mondo il mondo scientifico e la sanità pubblica con un po' di sconcerto,", continua Crisanti.

Secondo le nuove indicazioni non serve più il doppio tampone negativo, ma bastano 3 giorni senza sintomi per far indicare una persona non più infetta da Sars-Cov2. "Non so su quale base abbiano fatto questa dichiarazione. In questa epidemia - prosegue il virologo - l'Oms non ha brillato per tempestività ed esattezza. La scienza è misura, se non ci sono dati, non è scienza". L'affermazione forse fatta per andare incontro a paesi in via di sviluppo "andava qualificata", perché, "ci si chiede, ora, cosa debbano fare i vari governi".

In quanto alla mutazione del virus, a parere del virologo, servono esperimenti e non osservazioni e il rischio di contagi da fuori è una certezza. "Per l'Italia, il rischio che nuovi contagi arrivino da fuori non è una possibilità, ma una certezza. Lo abbiamo di recente sperimentato a Padova, dove una badante è tornata da fuori l'Unione Europea e ha infettato tutta la famiglia".

Quanto agli studi che parlano di una mutazione del virus che lo abbia indebolito, prosegue, "non sono attendibili perché basati su osservazioni estemporanee e non su un esperimento. Per capire se è vero bisogna infettare un animale e vedere cosa succede, ma per ora non abbiamo un modello animale per capirlo". È vero che le persone che si ammalano non si ammalano come prima, ma questo, ha ribadito, "avviene perché abbiamo mascherina e distanza che riducono la carica virale". Anche perché, se è vero che "il virus muta da noi, dovrebbe mutare anche in America e Germania, eppure vediamo una situazione di contagi che non lascia pensare questo".

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