Gli avvocati Giuseppe Dacquì e Carmelo Peluso hanno chiesto l’assoluzione per l’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, imputata nell’ambito del processo sul cosiddetto «sistema Saguto». L’ex prefetto è accusata di concussione in concorso con l’ex presidente del tribunale misure di prevenzione di Palermo in relazione all’assunzione di Richard Scamacca, nipote dell’ex prefetto di Messina, Stefano Scamacca, nell’ambito dell’amministrazione giudiziaria retta da Alessandro Scimeca. Nel corso dell’udienza di questa mattina, svoltasi nell’aula bunker del carcere di Caltanissetta, i difensori hanno evidenziato, facendo leva sulle intercettazioni e sulle dichiarazioni di Alessandro Scimeca, che mai fu fatta la promessa dell’assunzione. L’avvocato Dacquì, in particolare, ha evidenziato gli stretti rapporti familiari ed intimi tra Saguto e Scimeca, che - secondo quanto evidenziato dal legale - non consentono di ipotizzare che l’ex magistrato avrebbe potuto costringerlo con violenza o minaccia a promettergli l’assunzione di Richard Scamacca. L’avvocato Peluso ha sostenuto che Scimeca non è stato mai minacciato dalla Saguto, nemmeno larvatamente. I difensori della Cannizzo, al fine di dimostrare che tra Scimeca e la Saguto vi erano rapporti molto stretti, tali da non far pensare a una condizione di soggezione dello Scimeca, hanno evidenziato che Scimeca era «di casa» tanto da partecipare a feste di compleanno, si scambiavano regali, auguri di onomastico e partecipazioni a nozze. L’avvocato Dacquì in relazione all’intercettazione con la quale la Saguto comunicava alla Cannizzo che per Scamacca era tutto a posto, ha definito la Saguto un «miles gloriosus» cioè un soggetto millantatore. Per l’ex prefetto di Palermo, i pm nisseni, Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti durante la loro requisitoria, hanno chiesto la condanna a sei anni di reclusione.