Fissare un’altezza minima, uguale sia per le donne che per gli uomini, per poter lavorare nei vigili del fuoco «è discriminatorio nei confronti delle donne». Lo ha stabilito il Comitato per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite che a Ginevra ha condannato l’Italia per aver negato l'assunzione nel corpo dei vigili del fuoco ad una giovane donna alta un metro e 61 cm contro il metro e 65 di altezza minima richiesta per entrambi i sessi. La donna si era rivolta la Comitato Onu dopo che vari ricorsi, fino a quello al Consiglio di Stato le avevano dato torto. I 18 esperti dell’Onu dopo aver esaminato il caso hanno invece stabilito che la legge italiana che introduce l’altezza minima nei servizi pubblici «anche se redatta in termini apparentemente neutri dal punto di vista del genere, imponendo un requisito indifferenziato per i candidati di sesso maschile e femminile produce una discriminazione de facto contro le donne». Secondo gli esperti, dunque, «L'Italia dovrebbe garantire che tutti i requisiti richiesti per l’occupazione nel servizio pubblico siano necessari e proporzionati». In particolare nel caso della giovane ricorrente il Comitato per i diritti umani chiede al Governo italiano di risarcirla e di valutare la possibilità di ammetterla come vigile del fuoco, se ancora lo desidera. Vigile del fuoco volontario dal 1999, la donna nel 2000 ha fatto domanda per un posto permanente nei vigili del fuoco nazionali, ma è stata rifiutata perché non ha soddisfatto il requisito di altezza minima. Impugnata la decisione dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale Del Lazio, la ricorrente ha sostenuto che la minima altezza richiesta uguale per uomini e donne costituisce una discriminazione indiretta nei confronti delle donne, poiché l’altezza media delle donne in Italia è di 161 cm e quella degli uomini di 175 cm. Inoltre nel ricorso ha contestato che il requisito di minima altezza valga per i vigili del fuoco permanenti e non per i volontari, dove la donna ha prestato la sua opera per molti anni. Il Comitato di esperti ha giudicato che esiste un divario significativo tra le dimensioni medie delle donne e degli uomini italiani. Dunque prevedendo una dimensione minima di 165 cm, ben al di sopra della media femminile, lo Stato ha effettivamente escluso molti candidati. «Una tale situazione solleva preoccupazioni di discriminazione indiretta» sostiene l’Onu. Per garantire l’accesso al servizio pubblico nelle condizioni generali di parità, il Comitato sostiene che «i criteri e le procedure per la nomina, la promozione, la sospensione e il licenziamento devono essere oggettivi e ragionevoli». Dunque l’Onu invita l’Italia ad adottare misure necessarie per evitare che simili violazioni si verifichino in futuro, anche modificando la legislazione nazionale. L’Italia è invitata a riferire entro 180 giorni indicando in dettaglio le misure adottate per porre rimedio alla situazione. (ANSA)