Usufruivano del bonus cultura per acquistare playstastion e videogiochi anziché libri, musica digitale, biglietti per concerti, musei, mostre, fiere, spettacoli teatrali, cinema, concerti, come previsto dalla legge. Sono 2503 i diciottenni residenti in 14 regioni italiane, ad essere finiti al centro dell'indagine denominata '18App' condotta dai finanzieri della compagnia di Jesi (Ancona), con il coordinamento della procura di Ancona su una frode di circa 1 milione di euro operata tra il 2017 e il 2018. L’attività investigativa, durata oltre 8 mesi, era stata avviata dopo una segnalazione del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie. Due le persone denunciate: una commerciante di 72 anni e il suo socio di 42 anni, che dovranno rispondere del reato d’indebita percezione di contributi erogati a soggetti privati ai danni dello Stato, e che prevede la reclusione sino a 3 anni. Rischiano invece di pagare una multa pari a tre volte l’importo pagato per l’acquisto non autorizzato, gli oltre duemila studenti che hanno effettuato acquisti illeciti e che si erano registrati sulla piattaforma '18App', accettando di acquistare solo i beni per i quali poteva essere speso il credito. La somma però si potrà saldare anche in 30 rate mensili. Le Fiamme gialle hanno scoperto che il sistema fraudolento aveva come fulcro una società jesina, amministrata da una donna di 72 anni, attiva nel settore del commercio al dettaglio di apparecchi elettronici, che, sia attraverso il proprio sito internet che direttamente in negozio, consentiva di aggirare la normativa che prevede che il bonus di 500 euro. Secondo quanto sarebbe emerso nell’indagine, i neo-diciottenni, anziché acquistare prodotti culturali, attraverso il negozio online e quello fisico, acquistavano invece playstation, smartphone di ultima generazione, videocamere portatili, personal computer e altri dispositivi elettronici non inseriti nella normativa. Le informazioni sulla possibilità di utilizzare "diversamente" il bonus di 500 euro si erano diffuse tra gli studenti, attraverso un passaparola e sui social. Nel richiedere mensilmente il rimborso del bonus, la commerciante dichiarava di aver venduto beni consentiti dalla legge, come ad esempio musica registrata, che agli inquirenti risulta non essere stata mai acquistata. I finanzieri, autorizzati dal gip di Ancona, hanno effettuato un sequestro preventivo di beni per circa 800 mila euro, la metà dei quali in liquidi individuati in una cassetta di sicurezza di una banca e su diversi conti correnti; inoltre, il ministero ha bloccato un rimborso di altri 10 mila euro che era stato richiesto dalla commerciante.