Riccardo ha sei anni e sa che papà non sta bene. Ma non capisce perché non lo lascino tornare in Italia dove può essere curato. Perché Jaime ha il maledetto virus, è intubato in Guinea Equatoriale. Ma Jaime ha il passaporto italiano, e la moglie, Chiara, sta tentando di tutto per riportarlo in Italia, dove lo potrebbero curare a dovere. Per questo ha attivato una campagna su GoFundMe e in meno di 24 ore ha già raccolto 50 mila euro, quasi la metà di quanto serve: 104 mila euro per noleggiare un aereo-ambulanza dotato di respiratore e rianimatore a bordo, e una cabina di biocontenimento.
Ma non basta: perché l'Italia non ha ancora dato l'ok perché il programmatore informatico cinquantenne, venga curato qui. Sia il Campus Biomedico di Roma - dove il primario della Rianimazione è palermitano, Felice Agrò - che l'ospedale Cervello hanno annunciato di voler accogliere e curare Jaime, ma dalla Farnesina non è stato ancora dato il permesso: senza, l'aereo-ambulanza non può atterrare.
Si stanno muovendo in tanti in queste ore per aiutare la famiglia, anche la comunità africana di Palermo. E non solo, perché, e lo diciamo con un sorriso, i siciliani sono dappertutto. La Guinea Equatoriale non è sede di ambasciata italiana, ma si appoggia a quella del Camerun dove segue la vicenda il vice ambasciatore, l'avvocato modicano Danilo Giurdanella.
La storia di Jesus Jaime Mba Obono e di Chiara Beninati è un po' una favola: Jaime viene da una famiglia povera, i figli erano 14 e soltanto 5 sopravvivono, ma il giovane ha la testa dura, ottimi voti a scuola, una borsa di studio per la Cina, poi a Madrid,. Chiara invece è palermitana, studia in Veneto e poi a Roma, al Campus biomedico. Si conoscono ad un matrimonio, in due ore e mezzo di volo dalla Spagna si innamorano, in otto mesi si sposano: Jaime ha il sogno di ritornare in Guinea per aiutare la famiglia, Chiara lo segue e vivono in Africa per dieci anni. E, come è tradizione nel Paese, gli zii più abbienti aiutano i nipoti in difficoltà: Jaime e Chiara ottengono l'affidamento di due ragazzine che oggi studiano a Palermo, Wendy ormai all'Università e Ashley allo Scientifico.
Riccardo arriva nel 2014 e per la coppia è la felicità più completa: spesso in Italia acquistano stock di materiali necessari per aiutare le popolazioni africane, e li portano lì. La famiglia di Chiara accoglie Jaime con affetto, e viceversa.
«La Guinea Equatoriale conta un milione di abitanti, si conoscono tutti, è un paradiso terrestre» dice Chiara. La famiglia si trasferisce a Palermo per fare studiare i ragazzi, ma il 9 gennaio Jaime torna per lavoro in Africa che fino a quel momento sembrava indenne dal contagio. Ma non è vero, contrae il virus maledetto, in forma grave, e lo ricoverano in terapia intensiva. Da Palermo, Chiara cerca aiuto.
«Sono riuscita a contattare un medico anestesista cubano che mi dà notizie, quando è di turno, gli ho comunicato le patologie di mio marito che gli hanno provocato scompensi, ho anche inviato i protocolli di sicurezza europei che sconoscevano: finalmente ieri l'ospedale africano ha rilasciato il certificato in cui si dichiara che Jaime ha bisogno di cure che loro non possono sostenere. Abbiamo trovato l'aereo, ma io da sola non ce la posso fare. Ho attivato la piattaforma GoFundMe, stanno rispondendo da tutto il mondo: persino la comunità africana di Palermo ha versato piccole somme. Ma non c'è ancora il beneplacito dell'Italia per fare rientrare un volo con un malato di Covid. Io prego, prego di arrivare in tempo. Da credente, posso dire che le preghiere muovono montagne».
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