Coronavirus, settimana positiva per la Sicilia ma la Pasqua spaventa gli esperti: i numeri e le differenze col Nord
La Sicilia continua a reggere sul fronte dell’epidemia di coronavirus. È questa fino ad ora la certezza alla fine della prima di due settimane importanti, decisive, secondo quanto annunciato nei giorni scorsi dal presidente della Regione Nello Musumeci e dall’assessore alla Salute Ruggero Razza. Tutti i dati degli ultimi sette giorni sono positivi, anzi più che positivi, talmente tanto che persino un “duro” come Musumeci, uno dei governatori più rigidi in assoluto dallo scoppio dell'epidemia, si è lasciato andare ad un pizzico, ma proprio pizzico, d’ottimismo. Anche Razza ha detto chiaramente che fino ad ora la Regione ha retto, aggiungendo che a questo punto, con il lavoro fatto, sarebbe assurdo abbassare la guardia. Ed è proprio questo il grande timore. Probabilmente il picco, il temuto picco, che doveva arrivare in questi giorni in realtà c’è già stato negli ultimi giorni di marzo. Questo però, sottolineano gli esperti, non vuol dire niente. Il timore per i "dissidenti" di Pasqua e Pasquetta - I prossimi due giorni, infatti, potrebbero far saltare il banco, e non in maniera positiva. La puntata, infatti, è degna di un gioco d’azzardo, dove la posta è altissima. Chiaramente, e si è visto in giro per l’Italia e non solo in Sicilia, agli amministratori, locali e non, preoccupa quello che potrebbe succedere oggi e domani (soprattutto a Pasquetta), con i cittadini pronti a festeggiare in giro, in campagna o tra di loro dentro le case, con parenti e amici. Occasioni "perfette" per la trasmissione del virus. Tutto questo, e gli esperti sono stati chiari, rischia di vanificare ciò che è stato fatto. Nell’aria i sindaci e le forze dell'ordine hanno "fiutato" la voglia di trasgressione dopo più di un mese di quarantena. E le immagini, ad esempio, del mercato di Ballarò a Palermo ieri sono emblematiche. Dunque, per vedere che strada prenderà l’epidemia e il suo proseguo, bisogna capire che dipende dal comportamento dei cittadini principalmente nei prossimi due giorni. Le conseguenze potrebbero essere devastanti, ben più dell'esodo dal Nord dei primi giorni di marzo. I positivi dati della settimana - E sarebbe, come spiegato, veramente un peccato, perchè al netto di qualche focolaio che ancora preoccupa (Troina, Villafrati e la clinica villa Maria Eleonora a Palermo), il lavoro fatto da tutti (cittadini compresi) fino ad ora è stato davvero buono. Nell’ultima settimana l’aumento di contagi totali è stato di 432 unità (da 1932 a 2364), con una percentuale del 22%. Esattamente la metà di quanto avvenuto la settimana prima (44%) e nulla in confronto a quanto avvenuto dal 21 al 28 marzo, quando si era arrivati ad un preoccupante +177%. Il numero scende ulteriormente se si parla di “positivi attuali", saliti “solo” di 285 unità (16,5%). Non finisce qui: c’è stato un vero boom dei guariti, aumentati del 112% (da 95 a 209) e un numero più "contenuto" di vittime (da 111 a 154). Positivi anche i dati sui ricoveri, con un calo: da 627 a 620 gli ospedalizzati “semplici”, non gravi, e ancora più marcato il dato delle terapie intensive, passati da 74 posti occupati a 58. Dopotutto, la Sicilia è la Regione con meno contagi in assoluto rapportati alla popolazione (“solo” lo 0,047% dei cittadini è infettato) e Palermo continua ad essere la provincia di un capoluogo di regione con meno casi totali (lo 0,029%). Nei giorni scorsi in molti sostenevano (anche sui social) che i numeri fossero in un certo senso “taroccati”, visti i pochi tamponi fatti in Sicilia (a detta loro), con i sindacati che attaccavano a testa bassa, col dito puntato sulla mancanza di reagenti. Vero quest'ultimo punto, come sottolineato anche dalla Protezione Civile e dall'Istituto Superiore della Sanità, che parlavano non solo di un problema siciliano di reagenti, ma addirittura mondiale, per una sorta di concorrenza internazionale all'interno degli Stati colpiti dalla pandemia. In questi ultimi giorni però molte di queste obiezioni sono state spazzate via, visto che i tamponi fatti sono passati da 19700 a 338787, con una media di circa 2000 tamponi al giorno (con il record di ieri, più di 2600 in 24 ore). Nessuno al Sud ne ha fatti così tanti (superata anche la Campania, staccata la Puglia e doppiata la Calabria), e molte regioni marcatamente più colpite dall'epidemia (Liguria e Marche, per esempio) ne han fatti meno. L’enorme differenza tra Nord e Sud - Venerdì Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità nel corso della conferenza stampa presso la Protezione Civile sull'emergenza coronavirus, ha fatto un plauso a come è stata contenuta, fino ad ora, l’epidemia di coronavirus al Sud. “Nel numero importante di decessi che vengono registrati ci sono 10 Regioni principalmente localizzate al Centro-Sud e la Provincia Autonoma di Bolzano in cui il numero è inferiore alle 10 unità. Un successo importante da attribuirsi alla efficienza delle misure di restrizione, oltre alle capacità di tutto il sistema sanitario nazionale”. La Sicilia ieri era tra queste regioni (+6). Dopotutto, a più di 50 giorni dall’inizio dell’emergenza nazionale da coronavirus, le differenze tra Sud e Nord sono evidentissime e man man che passano i giorni, questa evidenza si fa più marcata. Anche prendendo come riferimento la sola Lombardia, epicentro italiano e che ancora (visti i dati di ieri) non riesce ad avere quei miglioramenti che tutti speriamo. Anzi, dopo un mese di "lockdown", qualcuno inizia a pensare che la situazione, da quelle parti, non sia proprio sotto controllo. Per capire: nel centro-sud i contagi fino a ieri sono stati in totale 11.349, con 815 vittime in tutto. Nella sola Lombardia siamo a 57592 casi (il quintuplo) con la spaventosa cifra di 10511 morti. Da Napoli in giù le vittime, in totale, sono un tredicesimo. Differenze spaventose, che fanno capire non solo cosa potrebbe succedere se non si rispettassero le regole, ma che pongono anche più di una domanda in vista delle prossime, auspicate, riaperture.