Medici, infermieri e operatori sanitari lottano ogni giorno contro il coronavirus. Tra questi anche Matilde Cantafia, infermiera palermitana in servizio in un ospedale del Piemonte. Matilde si trova ancora in corsia, ancora a combattere contro un nemico invisibile e ha raccontato, in un lungo post pubblicato su Facebook, cosa vuol dire trovarsi in prima linea per cercare di salvare quei tanti, anche troppi contagiati dal Covid-19. "Giorno 30. Sì, sono passati 30 giorni e sembra un’eternità. Come in guerra contiamo i morti, i feriti e i sopravvissuti. Tutti incollati davanti ai notiziari per sapere il responso del bollettino di guerra. Quella guerra che non hai voluto - scrive -, ma che ti sei trovato a combattere. Quella guerra che combatti con mascherina, visor, guanti e camice. Non ci sono mitra, non ci sono fucili, non ci sono mine anti-uomo. C’è un filamento di RNA a singola elica, chiamato Coronavirus, che silenzioso si insinua dentro di te come fiele, valica tutte le barriere fisiche, mentali e organiche che hai costruito, e si insinua silenziosamente in ogni singola cellula del tuo corpo, si riproduce e si diffonde come veleno in circolo. Non puoi vederlo, non puoi sentirlo, ma lui è lì, attorno te". "Quando sei costretto a lavorare in prima linea, ad accogliere quei visi spersi, impauriti, che vorrebbero urlare 'perchè a me? E adesso? Morirò? E soprattutto, da solo?', anche tu resti pietrificato. Sono tutti lì, insieme, ma da soli. Insieme nella sventura - continua -, ma da soli nel cordoglio, nella paura, nella nostalgia dei propri cari. E tu, per quanto ce la metta tutta, per quanto provi a far sorridere i tuoi occhi sotto una maschera e un visor, questo non basta, niente di quello che fai è mai abbastanza, e mai lo sarà. Nessuno ti prepara alla guerra, nessuno ti insegna come si fa a fronteggiare un nemico che non puoi vedere, che non puoi toccare, ma che puoi percepire". "Stai ore e ore con diversi tipi di protezioni che forse non sono mai abbastanza. Quando vai a letto senti ancora la mascherina sul viso, quella mascherina che ti protegge ma che non ti fa respirare. Se chiudi gli occhi senti di respirare il tuo stesso fiato, senza ossigeno, senza vita. Ti senti soffocare - racconta Matilde nel post - . Ma quando ti tocchi il viso? La maschera non c’è, è solo un brutto sogno. Perchè anche quando non sei lì, in ospedale, quando non lo hai attorno, ti sembra comunque di non essere andato via. Chiunque di noi ci lavora sa che quando vai via, non sei andato mai via veramente". "Quando sei distrutta, quando hai il fiato pesante per la stanchezza, ti domandi se è solo quello. Se adesso anche tu sei una sua vittima - scrive temendo il contagio -. Hai paura, sempre, come tutti, non siamo invincibili solo perchè abbiamo una divisa addosso. Ma siamo forti per gli altri, perchè dobbiamo esserlo, perchè adesso siamo una delle poche speranze, infermieri, oss, medici. Speriamo tutti noi di svegliarci un giorno e sapere che tutto è finito. Che la guerra è finita. Che l’umanità è l’unica vincitrice, senza distinzione di pelle, razza o etnia". E poi conclude con un invito a rimanere a casa e a ridurre le possibilità che il virus possa entrare in contatto con altre persone. "Tutti ci auguriamo che un giorno si potrà tornare a respirare e a sentire il profumo dei fiori, della natura, della vita attorno a noi, sperando di poterlo fare con tutte le persone che amiamo, anziché in loro memoria. Se vuoi davvero farci forza, se vuoi davvero aiutarci, se vuoi davvero dirci grazie, e se vuoi davvero fare qualcosa: STAI A CASA".