L’ex militante radicale ed ex assistente parlamentare Antonello Nicosia, arrestato a novembre con l’ipotesi di concorso in associazione mafiosa, voleva creare un osservatorio permanente per il carcere e la riforma penitenziaria, proponendosi come esperto, nella qualità di «cittadino che è stato in galera»: per questo intendeva incontrare il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, col quale ci sarebbero stati contatti attraverso la madre e alcuni deputati regionali del Movimento 5 stelle. Lo si è appreso a margine del deposito dell’avviso di conclusione delle indagini, riguardante lo stesso Nicosia e - tra gli altri - la deputata nazionale di Italia Viva (ex di Leu) Pina Occhionero, accusata di falso proprio per avere consentito a Nicosia di entrare nelle carceri (dove, secondo la Dda di Palermo, incontrava e scambiava messaggi con i boss al 41 bis) anche quando non era più suo assistente parlamentare, attestando in questo modo, secondo i pm, il contrario. Dei possibili incontri con Bonafede, Nicosia parlava con Stefano Genco, condannato per concorso in associazione mafiosa negli anni '90 e oggetto di una sentenza europea che ha messo in dubbio la «sufficiente chiarezza», all’epoca, di questo reato. L’incontro non ci sarebbe stato proprio perchè Nicosia fu arrestato. Fino a quando il Ros, coordinato dai pm palermitani Paolo Guido, Gery Ferrara e Francesca Dessì, non lo portò in carcere, il principale indagato era riuscito a infiltrarsi tra i radicali e coloro che lavorano per i diritti dei detenuti, sebbene avesse scontato 10 anni per traffico di droga. Ambizioso e spregiudicato, per avere ancora più margini di manovra, Nicosia voleva discutere direttamente con Bonafede, guardasigilli originario di Mazara del Vallo. Intanto però tramava nell’ombra assieme all’ex sindaco di Castelvetrano, Tonino Vaccarino, in carcere per avere favorito alcuni fiancheggiatori del superlatitante Matteo Messina Denaro, boss col quale lo stesso Vaccarino aveva avuto un misterioso carteggio, a metà degli anni Duemila. Fra gli obiettivi, sempre per poter muoversi liberamente nelle carceri, anche quello di prendere il posto del professore Giovanni Fiandaca, garante dei detenuti della Regione Sicilia, contro il quale stava architettando una sorta di complotto social e una manifestazione con «un pullman e 50 'picciottazzì (ragazzacci, ndr) da portare a Palazzo d’Orleans», sede del governo dell’Isola. Voleva peraltro esercitare pressioni sul presidente della Regione sicilia per fare «buttare via» Fiandaca. Nicosia, originario di Sciacca, faceva riferimenti anche ai «consigli di zio Lillo», identificato, scrive il Ros, «nel noto Mannino Calogero, detto Lillo», l’ex ministro assolto dalle accuse di mafia e di avere avuto un ruolo nella trattativa Stato-mafia.