Matteo Salvini vuole chiudere la vicenda Gregoretti andando davanti ai giudici catanesi convinto di poter dimostrare che negando lo sbarco ai migranti della Gregoretti ha difeso l’interesse nazionale. Cautela, invece, tra i suoi consiglieri e i senatori leghisti che potrebbero non appoggiare la sua messa in stato di accusa, preoccupati che un loro voto affermativo al Senato possa essere un boomerang e un’ammissione di colpa in sede giudiziaria.
Insomma, nelle ultime ore sarebbe emerso l’orientamento, il prossimo 12 febbraio, a non votare a favore del processo a carico del segretario in Aula a Palazzo Madama, contrariamente a quanto i leghisti hanno fatto settimane fa in Giunta per le Immunità. Sulle modalità di condotta, se uscire dall’emiciclo o astenersi, ancora è aperto il confronto.
Il segretario, invece tira dritto: intervistato dal New York Times si paragona a Donald Trump: «La sinistra prova a vincere usando mezzi giudiziari visto che non può vincere attraverso mezzi democratici: ma contro Trump - assicura - tutto finirà in un nulla di fatto, contro di me lo stesso». Una mossa con cui l'ex titolare del Viminale punta apertamente a rendere il caso del suo processo a Catania un evento di rilievo internazionale.
Non a caso, giovedì prossimo alle 9, all’indomani della seduta al Senato, Matteo Salvini si presenterà nella sede della stampa estera per diffondere anche ai media non italiani la sua linea difensiva e le ragioni del suo operato. Sempre sul New York Times ribadisce infatti che sul tema dei migranti «non ha nulla da temere». Ed è talmente convinto di voler andare davanti ai giudici che trapelano le linee guida della sua memoria difensiva ancora in fase di definizione.
La Gregoretti - è uno dei punti cardine della difesa - era un posto sicuro. Quella imbarcazione ha salvato i migranti col consenso di Salvini, intervenendo in acque maltesi. È quindi inverosimile - viene notato - immaginare che un ministro voglia salvare delle persone per poi sequestrarle. Nessun sequestro quindi visto che a bordo erano al sicuro e protette. Lo sbarco - un altro punto importante espresso nella memoria - è stato quindi rallentato solo dalle trattative per la redistribuzione e per la doverosa verifica delle persone a bordo. Al riguardo, i difensori del leader leghista ricordano come il governo tedesco abbia fatto poi sapere che tre persone a bordo della Gregoretti erano soggetti in grado di mettere a rischio la sicurezza nazionale. Tutto il governo italiano - s'insiste - era consapevole e quindi d’accordo. In questa fase - è la tesi finale - si deve provare l’interesse pubblico ed era interesse pubblico sia la difesa dei confini sia la redistribuzione dei migranti. Questa - è la conclusione di Salvini - era quindi la linea politica di tutto il governo.
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