Cinque anni sono passati dall'attentato terroristico alla sede del giornale satirico "Charlie Hebdo". Era il 7 gennaio 2015 e quell'evento diede inizio alla scia di attacchi in Francia. In quell'occasione morirono dodici persone, undici invece i feriti. Rivendicato da Al-Qaeda, fu l'attentato nella capitale francese con il maggior numero di vittime dopo quello del Bataclan. Ma cosa accadde davvero in quella tragica mattina?
La vicenda, in cui rimasero vittime 8 giornalisti, due agenti responsabili della sicurezza del direttore, un ospite invitato alla riunione di redazione e il portiere dello stabile, infatti, fu accompagnata da diversi avvenimenti. L'attentato intanto fu precededuto da un "errore" nell'indirizzo: gli assalitori, anziché entrare al numero 10 di rue Nicolas Appert, nell'XI arrondissement e sede del giornale, qualche momento prima delle 11/11.30, fecero ingresso al numero 6.
Raggiunto l'obiettivo, gli aggressori armati e a volto coperto minacciarono all'ingresso la vignettista Coco (Corinne Rey), sopravvissuta, affinché aprisse con un codice numerico la sede del giornale. Entrati fecero la prima vittima: il portiere dello stabile. L'intenzione fu immediatamente quella di fare strage dei disegnatori ritenuti responsabili di avere offeso l'Islam con una vignetta satirica con raffigurato Maometto e che recitava "100 frustate se non muori dalle risate" e il titolo "Charia Hebdo", chiaro riferimento alla Shari'a, la legge islamica. Come infatti riferì un testimone, gli attentatori cercarono uno per uno i nomi dei vignettisti, soprattutto Charb, autore di un'ultima vignetta in cui ironizzava su possibili attacchi terroristici che sarebbero avvenuti presto in Francia e che si rivelò profetica.
L'attentato fu organizzato in concomitanza con la riunione di redazione del mattino, al primo piano, durante la quale era presenti i principali giornalisti e disegnatori della rivista. Tutte e dodici le persone furono raggiunte da colpi di kalashnikov.
I due assalitori, una volta usciti dalla sede di Charlie Hebdo, incrociarono una pattuglia della polizia ma dall'auto del commando scese un terzo uomo che prima ferì, e poi uccise con un colpo alla testa, l'agente, anche lui di religione musulmana, che aveva provato a fermarli.
A bordo di un'auto rubata, una Citroën nera, si diedero alla fuga verso Nord-Est ma a rue de Meaux, nel XIX arrondissement, andarono a sbattere contro un altro veicolo guidato da una donna. Cosa che li costrinse a rubare un altro mezzo, una Clio di colore chiaro, all'urlo di: "Allah è con noi. Al Qaida Yemen, sortez de la voiture" (uscite dall'auto)". La prima auto, sulla quale furono trovate le carte d'identità degli assalitori, fu abbandonata.
Gli attentori proseguirono la fuga verso Reims, a Nord di Parigi, inseguiti dal Raid, l'unità d'assalto della polizia francese. Raggiunto infine il confine con il Belgio, a Charleville-Mezières, si arrese solo l'autista, il più giovane degli attentatori.
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