È stata sentita per due ore e mezzo dai magistrati la deputata di Italia viva Giusy Occhionero, convocata dalla Dda di Palermo che, ieri, ha fermato con l’accusa di associazione mafiosa Antonello Nicosia, collaboratore parlamentare della donna. Secondo indiscrezioni, la Occhionero, sentita come persona informata sui fatti, sarebbe stata molto provata.
Uscendo dalla stanza della Pm Francesca Dessì, la parlamentare ha detto: «Ho detto tutto quello che c'era da dire». Oltre che la Dessì, l’interrogatorio è stato condotto dall’aggiunto Paolo Guido e dal pm Geri Ferrara. Al termine Occhionero è stata raggiunta dall’avvocato Giovanni Bruno.
In particolare Occhionero doveva riferire sui rapporti con Antonello Nicosia, già assistente parlamentare della esponente politica e con una militanza tra i Radicali italiani, fermato dalla Dda di Palermo con l’accusa di associazione mafiosa e di avere veicolati i messaggi dei boss incontrati in carcere proprio grazie a quell'incarico.
«Ho sbagliato, mi sono fidata. Ho sbagliato tutto». Lo avrebbe ripetuto più volte la deputata di Italia Viva, ed ex Leu, Giuseppina Occhionero. Occhionero avrebbe detto ai pm che Nicosia veniva dall’ambiente dell’associazionismo che si occupa dei diritti dei detenuti ribadendo di «essersi quindi fidata» anche in virtù del rapporto personale che si era creato. Ai pm che hanno chiesto come sia stato possibile assumere un collaboratore che aveva una condanna a 10 anni per traffico di droga, la deputata avrebbe fatto presente che «alla Camera non c'è alcun controllo, cosa avrei dovuto fare io?».
A maggio il rapporto tra Nicosia e Occhionero si interrompe per volere di quest’ultima. L’indagine prosegue anche per verificare le modalità con cui i portaborse vengono ingaggiati dai deputati.
Tra domani e dopodomani dovrebbero svolgersi gli interrogatori di garanzia dei 5 fermati dell’operazione «Passepartout» davanti al gip che deve poi esprimersi sulla convalida del provvedimento.
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