Lunedì 23 Dicembre 2024

Mafia, Nicosia e "San Matteo": "Messina Denaro mi deve dei soldi"

Antonello Nicosia, fermato dalla guardia di finanza

«Giratevela a Matteo così mi finanzia il progetto, manda un milione di euro. Ringrazia, minchia ringrazia, così ci vuole il contributo, il contributo dalla famiglia  per quello che faccio». Così Antonello Nicosia, collaboratore parlamentare arrestato oggi per mafia, parlava del suo impegno a favore dei detenuti al 41 bis. Il Matteo a cui si riferisce è il boss Matteo Messina Denaro. Nicosia, espressamente e più volte, fa riferimento a un vero e proprio «progetto» e alla necessità di trovare dei finanziatori. «Noi preghiamo San Matteo... tutti i Matteo... quelli buoni, quelli cattivi...San Matteo proteggici...mai contro a San Matteo... onorevole Occhionero... mai mai si deve dire che siamo stati contro San Matteo, non si può sapere mai...per ora c'è San Matteo che comanda...», diceva Nicosia in un messaggio vocale captato il 25 marzo scorso. Secondo gli inquirenti «Nicosia registrava un messaggio vocale, con destinatario forse ancora una volta l’onorevole Occhionero». Scrivono i pm: «Peraltro, che le sorti della famiglia Messina Denaro stessero a cuore al Nicosia emergeva anche da altre conversazioni intercettate, conversazioni dalle quali poteva agevolmente comprendersi che l’empatia che legava lo stesso Nicosia a quella famiglia non era solo quella relativa alle condizioni detentive dei suoi numerosi componenti (a tutt'oggi detenuti nelle carceri italiane) ma riguardava, anche e soprattutto, il più importante rappresentante che, in realtà, in una struttura carceraria mai aveva fatto ingresso». Nicosia inoltre conversando con il boss di Sciacca, Accursio Dimino e condividendone le preoccupazioni, concordava sull'opportunità di avere rapporti, invece, «con deputati di Forza Italia», giudicati da Dimino «più garantisti» e «più liberisti». Ed entrambi convenivano che - hanno evidenziato le indagini - un’altra delle ragioni per le quali si rendeva ormai necessario per Nicosia «cambiare casacca» era che il senatore Pietro Grasso (ex procuratore nazionale antimafia ed ex presidente del Senato) potesse scoprire il suo pesante trascorso giudiziario e, dunque, non solo estrometterlo da qualsiasi incarico e collaborazione con la deputata Giuseppina Occhionero ma «farlo fuori» da ogni ambiente politico. Nicosia: «Quello rompe i coglioni quello..."; e Dimino: «Capace che ti brucia..."; Nicosia riprendeva: «Mi brucia, certo che mi brucia». Spiegano ancora i pubblici ministeri: «L'interruzione dell’attività di intercettazione telefonica, come detto avvenuta dopo circa due mesi dall’inizio dei rapporti fra l’indagato Nicosia e Occhionero, non ha consentito di accertare ulteriori fatti e circostanze relativi a tali vicende, se non quelle apprese incidentalmente dall’ascolto delle conversazioni intrattenute da Nicosia all’interno della propria autovettura con terzi soggetti». In ogni caso, dall’intercettazione ambientale sulle autovetture noleggiate da Nicosia «si comprende - sostengono gli inquirenti - che il rapporto fra Nicosia e Occhionero si interrompeva a maggio 2019».

leggi l'articolo completo