Nessun risarcimento da parte della scuola ai genitori il cui unico figlio si è suicidato dopo un’inaspettata bocciatura al secondo anno di liceo. La Cassazione ha detto no al ricorso di una coppia siciliana che aveva fatto causa al ministero dell’Istruzione, ritenendo che il preavviso dell’esito negativo degli scrutini avrebbe potuto evitare la tragedia.
Un’ordinanza ministeriale riserva alle scuole, "nella loro autonomia di valutazione", le modalità di comunicazione "preventiva" alle famiglie della bocciatura, in modo che questi possano filtrare la brutta notizia. Il processo ha accertato che nessuna comunicazione, in effetti, era stata data a casa: il ragazzo seppe della bocciatura dai "quadri" a scuola, insieme alla sua ragazza e ad altri compagni di classe. Chiamò la madre, che però era al lavoro, quindi andò verso casa dell’insegnate che gli dava ripetizioni, ma proprio nel cortile di questi, bevve un solvente da un contenitore trovato sul posto. Un gesto fatale.
Ma i giudici, in ogni grado, hanno ritenuto che non vi fosse un nesso certo tra la mancata preventiva comunicazione alla famiglia e la tragica fine del ragazzo. Visto il contesto e la mancanza di fattori di disagio, la corte d’appello è arrivata alla conclusione che fosse «estremamente bassa» la possibilità che un insuccesso scolastico potesse portare al suicidio "solo perché non preannunciata alla famiglia". Un ragionamento che la Cassazione non ha sindacato: "Deve escludersi - spiega la Corte - che la sequenza dei fati 'omesso avvisò 'suicidio del minore' possa ricondursi alla necessaria dimensione probabilistica".
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