Bastava la sua presenza a intimidire chi gli stava difronte. Claudio Carbonaro pentito di mafia, reo confesso di decine di omicidi era tornato proprio nella sua città dove aveva iniziato a riorganizzarsi ma sempre guardando ad attività illecite. E il mercato fiorente dello smaltimento della plastica ogni tanto si innervosiva, a causa anche di alcune inchieste giornalistiche, quelle di Paolo Borrometi tra le prime che venivano commentate con nervosismo e fastidio, in alcune intercettazioni ad attività di indagine già avviata.
Gli inquirenti raccontano i dettagli dell’operazione Plastic Free che ha portato alla esecuzione di dieci ordinanze di custodia cautelare in carcere e cinque ai domiciliari oltre a cinque sequestri di aziende interessate alla vicenda: si tratta della Macplast film, Business life, Macplast Vittoria, Iblea Plast e parte della Treelle srl. «Si tratta di un gruppo associato riconducibile alla stidda che ha svolto nel corso di questi ultimi anni, attività di raccolta 'impostà delle plastiche utilizzate per la copertura delle serre - ha spiegato il questore di Ragusa, Salvatore La Rosa - Non solo imponevano la raccolta della plastica ma anche la spartizione del territorio. Va ricordato pure che il residuo delle plastiche utilizzate come copertura delle serre viene considerato rifiuto speciale».
Una indagine complessa iniziata a Roma dove risultavano delle scarpe cinesi prodotte con plastica riciclata che aveva delle forti componenti tossiche da residuo di fitofarmaci. Poi il dirottamento delle indagini verso Catania - ha spiegato il dirigente del Nucleo Operativo della Mobile di Catania Salvatore Montemagno - e poi Ragusa e Vittoria. E a Vittoria «torna Carbonaro che si è autoaccusato di una sessantina di omicidi, sconta la pena e ricompatta un gruppo che era stato disarticolato con la forza intimidatrice sua e di altri soggetti», dice il questore di Ragusa, Salvo La Rosa. Si presenta con nome e cognome, non con identità 'protettà.
E nei fascicoli di indagine entrano estorsioni, armi, intimidazioni violente, incendi e una spartizione del territorio tra Vittoria e Gela per buona pace di tutti in cui «gli imprenditori sono inglobati nell’associazione sia traendone un vantaggio economico sia avendo garantita l’estromossione dal territorio di altri soggetti non autorizzati», continua il questore che parla di «pactum sceleris».
Un affaire che fruttava alle aziende un giro di affari di cinque milioni di euro e con rifiuti speciali derivati dal lavaggio delle plastiche avviate al riciclo ma smaltiti nei terreni che fortunatamente non erano coltivati. Grande collaborazione con Coreplast e Arpa seppur con mission diversa - hanno ricordato gli investigatori - nella aperta vigilanza su circuito di rispetto di regole e legalità», spiega il capo della Mobile di Ragusa, Nino Ciavola.
«C'è stato un momento durante l’attività investigativa che alcune inchieste e interpellanze parlamentari sulle plastiche e il loro smaltimento hanno innervosito l’ambiente. L’enorme telo di plastica, se si può così definire la grande superficie destinata alle coltivazioni in serra - afferma ancora il capo della Mobile iblea, con le denunce giornalistiche ha sollecitato le lamentele tra concorrenti, aiutandoci a raccogliere ancore meno difficilmente le fonti di prova. La denuncia da parte dei media è importante; in alcune intercettazioni si faceva riferimento anche a qualche giornalista».
Borrometi? «Anche», risponde Ciavola. Forse Donzelli si sentiva sotto pressione, voleva interrare velocemente i rifiuti perchè aveva bisogno di tutte le autorizzazioni per operare. Aveva fretta e lo si percepisce dalle intercettazioni divulgate; per farlo andava bene sversare i fanghi nei terreni e sotterrare ciò che era meglio sparisse subito per ottenere quei pezzi di carta immediatamente. Gli elementi raccolti nelle indagini sono stati giudicati accoglibili dal gip Ivana Cardillo della dda di Catania che ha poi emesso le ordinanze.
Paolo Borrometi «passa i guai» si sente nelle intercettazioni di Raffaele Donzelli. L' imprenditore vicino al clan guidato dal vittoriese, Claudio Carbonaro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, in una intercettazione fa riferimento al vicedirettore dell’Agi, Paolo Borrometi, che aveva scritto degli affari del clan e dei personaggi che vi ruotavano, fra cui lo stesso Donzelli: «Basta - sbottava in un dialogo captato finito nell’ordinanza di 292 pagine, firmata dal gip di Catania Maria Ivana Cardillo - siccome scaricano tutti da me, perchè ho il prezzo più alto perchè ho la Macplast che faccio il prodotto finito... perchè sono mafioso con Carbonaro? ... ma levatemi da tutte queste ... quelli ora hanno colto quest’occasione, ma sono perdenti già, in una cosa di queste sono perdenti. Totali, sono alla frutta, non c'è niente da dire. Questa testa di scecco (asino, ndr) ... Borrometo ... uno passa i guai... povero cretino. Ma di cosa stiamo parlando...».
Per chi indaga la conversazione conferma la funzione «coagulante» del boss Carbonaro che, da un lato, aveva stretto accordi con Giovanni Donzelli, inserendosi nel business della plastica, dall’altro, aveva favorito le aziende dello stesso Donzelli reclutando i Minardi, che assicuravano il monopolio nella raccolta della plastica. Insomma, il carisma criminale di Carbonaro si consolida «quale specifico valore aggiunto offerto al sodalizio».
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