Altri sei mesi di indagini, 180 giorni per cercare di arrivare ad una verità sui depistaggi e le ombra legate all'omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell'operatore Miran Hrovatin, avvenuto il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio, in Somalia. E' quanto deciso dal gip di Roma Andrea Fanelli che ha rigettato, per la seconda volta, la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Roma disponendo una nuova tranche di indagini. In totale il giudice chiede alla Procura di approfondire una dozzina di punti che, a suo dire, meritano ulteriori verifiche. In particolare il magistrato, accogliendo in buona parte le istanze presentate dalle parti offese e in particolare quella dei familiari di Ilaria e di Fnsi, Usigrai e Odg, ha disposto che venga ascoltato il direttore dell'Aisi al fine di verificare la "persistenza del segreto" sull'identità dell'informatore di cui si fa riferimento in una nota del Sisde del 1997. Nella relazione dei servizi segreti "emergerebbe il coinvolgimento dell'imprenditore Giancarlo Marocchino nel duplice omicidio nonché in traffici di armi". Il giudice, inoltre, ha chiesto alla Procura accertamenti in relazione al ritardo con cui è stata trasmessa, nell'aprile del 2018, da Firenze la trascrizione di una intercettazione tra due cittadini somali in cui i due parlando di quanto avvenuto a Mogadiscio affermano che Ilaria "è stata uccisa dagli italiani". Infine il giudice ha disposto di acquisire atti relativi al fascicolo di indagine sulla morte del giornalista Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia nel 1988. Proprio su quest'ultima vicenda il gip chiede ai pm romani di verificare se esistono punti di contatto tra le due storie e spunti su cui potere imbastire nuova attività istruttoria in particolare sul traffico d'armi.