Gli sbarchi non si fermano a Lampedusa. I trasferimenti invece sì. Dopo cinque giorni consecutivi di partenze, ieri la motonave «Sansovino» non è partita da Porto Empedocle, perchè era il suo giorno di riposo settimanale. Il risultato: nella struttura d'accoglienza di contrada Imbriacola ci sono poco più di 250 persone, mentre la capienza massima prevista è di 95. Il premier Giuseppe Conte torna a chiedere "un meccanismo automatico" per la distribuzione di chi giunge via mare. Anche i cosiddetti "economici", puntualizza in riferimento ai non richiedenti asilo. Il tema sarà in agenda al vertice di lunedì a La Valletta tra i ministri dell'Interno di Italia, Malta, Francia, Germania e Finlandia (Paese presidente dell'Ue). Dopo 8 mesi col segno meno, settembre registra una netta inversione di tendenza: oltre 1.500 arrivi sui 6.700 complessivi del 2019 e la riapertura della rotta tunisina. A pesare non sono quelli soccorsi dalle navi ong - un'esigua minoranza rispetto al totale - ma i migranti che toccano terra autonomamente con barchini veloci di notte, con imbarcazioni più grandi ed anche barche a vela. "Sono un problema maggiore rispetto alla singola ong", ha ammesso Conte. Le voci su un possibile accordo europeo di redistribuzione, secondo fonti italiane e tunisine, avrebbero incoraggiato le partenze. A Lampedusa ieri ne sono arrivati altri 108. L'hotspot è al collasso con oltre 300 ospiti a fronte di una capienza massima di cento. Ed il sindaco Totò Martello chiede al Viminale "di attivarsi immediatamente per superare la situazione critica che stiamo vivendo". Ed è sempre ai limiti delle acque italiane, in attesa del 'place of safety', la Ocean Viking, che da 4 giorni ha a bordo 182 persone soccorse al largo della Libia. Tra di loro 14 bimbi piccoli, una di soli 8 giorni. "Ritardare il loro sbarco - accusa Medici senza frontiere - è disumano. Chiediamo ai leader europei di trovare una soluzione immediata e un meccanismo di sbarco predeterminato per le persone soccorse nel Mediterraneo". Proprio questo "meccanismo" è al centro delle trattative. Si tratterebbe in pratica di trasferire automaticamente in Paesi disponibili, secondo quote stabilite in partenza, i migranti salvati. Con Salvini ministro la richiesta del Governo era quella di ruotare anche i porti di sbarco tra gli Stati. Francia e Germania sono però sempre state ferme sulla linea che l'approdo avvenga nel porto più vicino. Il punto sul quale il nuovo esecutivo intende ora battagliare è la ripartizione anche dei migranti economici. "Nel tete à tete con Macron - ha spiegato il premier - il tema è stato al centro della nostra discussione. Non gli darò tregua. La Germania ha dato grandi aperture. Dobbiamo avere un meccanismo automatico che si applichi subito". Sul piatto Parigi e Berlino hanno messo ognuno la disponibilità a farsi carico del 25% degli sbarcati, ma solo se richiedenti asilo. Conte non intende cedere. "La linea dura - ha sottolineato - è nell'interesse di tutti in Europa, quindi noi non possiamo essere il primo approdo di chiunque. Uno Stato sovrano decide lui chi entra, come e quando". E se Bruxelles rimane sorda, l'Italia potrebbe esercitare il diritto di veto sui dossier. "Sì, lo può fare", ha assicurato il presidente. L'obiettivo è allargare il gruppo, ancora poco nutrito, dei 'volenterosi' che intendono partecipare al meccanismo. Ma accanto alla ripartizione di chi arriva, c'è la partita dei rimpatri per i migranti economici, la grande maggioranza di chi sbarca in Italia. Come i tunisini: 1.758 giunti nel 2019, la nazionalità più numerosa. Con Tunisi c'è un accordo per rimpatriarne 80 a settimana. Servirebbe aumentare la quota. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha annunciato un viaggio a Tunisi per spingere sul tema. Sicuramente un aiuto sul dossier non arriverà dal blocco dei Paesi Visegrad. "L'Ungheria - ha sostenuto il premier Viktor Orban - è pronta ad aiutare l'Italia ma non possiamo far entrare i migranti, diciamo no alle quote di redistribuzione". E Salvini attacca: "Gli sbarchi sono triplicati rispetto al periodo precedente. Gli italiani non meritano i porti riaperti". Per il segretario dem Nicola Zingaretti "Italia e Ue devono andare in Libia e non illudersi che l'unico modo per affrontare il problema dei migranti sia dire 'porti chiusi' e fare campagna elettorale".