Gli attacchi del cattolicesimo conservatore Usa e i rischi di uno scisma, che lui dice di «non temere», pur pregando perché non ci sia, sapendo che a determinare tutto è ancora il Vaticano II, oltre alle infiltrazioni «dell’ideologia». I pericoli della xenofobia, che è «una malattia, come il morbillo», e fa sì che «chi alza muri resti solo». L’allarme per l’ambiente e la deforestazione.
I processi di pace che «vanno aiutati», perché «le guerre non risolvono niente». Gli echi del viaggio in Mozambico, Madagascar e Mauritius, con la grande spinta vitale che ha visto nei rispettivi popoli. C'è tutto questo nell’ora di colloquio in volo di papa Francesco coi giornalisti, di ritorno dall’Africa.
Alla domanda se tema uno scisma nella Chiesa Usa, il Papa replica che è «il Vaticano II che ha creato queste cose, forse lo stacco più conosciuto è quello di Lefevbre, sempre c'è l'azione scismatica nella Chiesa": lo scisma «è una delle azioni che il Signore lascia sempre alla libertà umana: io non ho paura degli scismi, prego perché non ce ne siano, perché c'è la salute spirituale di tanta gente. Che ci sia il dialogo, che ci sia la correzione se c'è qualche sbaglio, ma il cammino nello scisma non è cristiano».
Secondo il Pontefice, «uno scisma è sempre uno stato elitario, dall’ideologia staccata dalla dottrina, una ideologia, forse giusta, ma che entra nella dottrina e la stacca, e diventa dottrina, tra virgolette, ma per un tempo». "Per questo io prego che non ci siano gli scismi. Ma non ho paura». «Per aiutare a che ciò non accada - dice -, io rispondo alle critiche, tutto questo lo faccio. Ma questo è uno dei risultati del Vaticano II, non è che questo Papa o l’altro Papa o l’altro Papa... Ad esempio. le cose sociali che io dico sono le stesse che ha detto Giovanni Paolo II, le stesse, io copio lui. 'Ma il Papa è troppo comunista, eh', entrano delle ideologie nella dottrina, e quando la dottrina scivola sulla ideologia, lì c'è la possibilità di uno scisma».
Per Francesco, comunque, «le critiche sempre aiutano, quando uno riceve una critica subito deve fare autocritica, e dire 'questo è vero, non è vero, fino a che punto.. '. Io vedo sempre i vantaggi dalle critiche. Delle volte ti arrabbi, ma i vantaggi ci sono». «A me non piace quando le critiche stanno sotto il tavolo, fanno un sorriso che ti fanno vedere i denti e poi ti danno il pugnale da dietro, questo non è leale, non è umano».
Toccando i temi del suo viaggio africano, il Papa ricorda che «oggi si identifica il Mozambico con il lungo processo di pace che ha avuto i suoi alti e bassi, fino a quell'abbraccio storico. Mi auguro che questo vada avanti e prego per questo. Invito tutti a fare lo sforzo di aiutare che questo processo di pace vada a avanti. Perché tutto si perde con la guerra, tutto si guadagna con la pace, ha detto un Papa prima di me».
«Dobbiamo lavorare con questa coscienza - dice -: le guerre non risolvono niente. Anzi fanno guadagnare le persone che non vogliono l’umanità». E un aspetto particolare come la xenofobia lo definisce «una malattia umana, come il morbillo. È una malattia, ti viene, entra in un Paese, entra in un continente. E mettiamo muri, no? E i muri lasciano soli coloro che li fabbricano. Sì, lasciano fuori tanta gente, ma coloro che rimangono dentro i muri rimarranno soli, e alla fine della storia sconfitti per delle invasioni potenti».
Le domande spaziano. Se «i governanti stanno facendo di tutto per l’Amazzonia?». «Alcuni più, alcuni meno». Ma Francesco ama sottolineare che «la lotta più grande è quella per la biodiversità. La difesa dell’ambiente naturale la portano avanti i giovani che hanno una grande coscienza, perché dicono: 'Il futuro è nostro... Noi, col tuo fai quello che vuoi, ma non col nostrò».
Dopo la trascinante e vitale immersione nel «popolo» dei Paesi africani - a tenere unito quel popolo è «la gioia», mentre in Europa a non far fare più figli «è il benessere -, un’annotazione significativa riguarda anche i viaggi in Europa: «Ci andrò in Spagna, spero, se vivo - risponde -. ma la priorità dei viaggi in Europa è: i paesi piccoli. poi i più grandi».
(ANSA)
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