Aumentare il numero dei donatori di organi, facendo sì che a essere esplicitato non debba essere l'assenso al prelievo ma la propria contrarietà: l'applicazione del principio del silenzio-assenso è oggi più vicina grazie alla firma del decreto del ministero della Salute che contiene le norme del regolamento sul Sistema Informativo Trapianti (Sit). "Dopo 20 anni, abbiamo finalmente sbloccato un passaggio fondamentale", afferma il ministro Giulia Grillo, annunciando "una nuova campagna di informazione". Approvato nel giorno delle dimissioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il decreto contiene anche disposizioni sul Registro nazionale dei donatori di cellule per la procreazione assistita eterologa.
Da reni a cuore, da polmoni a fegato, in Italia i trapianti eseguiti nel 2018 sono stati 3.718 e 1.680 i donatori. Numeri buoni, ma che potrebbero esser migliorati con l'introduzione del principio del silenzio-assenso sulla donazione di organi, previsto dalla legge approvata nel 1999, "ma rimasto lettera morta", ha osservato il ministro Grillo. In Italia se la persona deceduta (ovvero nella quale sono cessate le funzioni cerebrali) non ha dichiarato esplicitamente il consenso alla donazione degli organi, si chiede alla famiglia la non opposizione. "A volte per i familiari è una decisione difficile da prendere e in circa il 30% dei casi c'è un rifiuto. Mentre con il silenzio-assenso, nel momento in cui non si dichiara nulla, nessuno si può opporre", spiega il direttore del Centro Nazionale Trapianti (Cnt) Massimo Cardillo.
Il passaggio di oggi, osserva, è importante ma non ancora definitivo perché per renderlo operativo c'è bisogno ancora di altri due step: il primo è un'Anagrafe Nazionale degli Assistiti, ovvero un sistema informativo in capo alle Asl che contenga i dati di tutti i cittadini e che dovrebbe essere realtà in poche settimane; il secondo è un sistema di notifica che dovrà avvertire tutti gli assistiti dell'entrata in vigore della norma e che darà la possibilità, a chi vuole esprimersi sulla donazione, di farlo. Se non lo farà sarà considerato un potenziale donatore", così come oggi accade in Gran Bretagna e Francia. "Due decenni sono troppi per attuare una legge di civiltà di cui il Paese ha bisogno. Potranno così essere salvate molte più vite, ma per farlo - ha proseguito il ministro - i cittadini devono essere adeguatamente informati".
La corretta informazione, infatti, è essenziale anche per evitare contrapposizioni con i famigliari. Tra le cose su cui serve migliorare la conoscenza, inoltre, vi è anche la situazione in cui è possibile donare gli organi: ovvero "quando il paziente muore in un reparto di rianimazione, in genere per ictus o trauma cranico, e ne viene certificata, da un collegio di tre medici, l'assenza dell'attività cerebrale nell'arco di almeno 6 ore". Va ricordato, infine, che la donazione di organi è anche un problema di organizzazione degli ospedali. "Fondamentale è quindi", conclude Cardillo, "promuoverla soprattutto nelle regioni più in difficoltà".
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